Dopo un anno di prigionia, a giugno dell’anno scorso, dalle prigioni dell’Isis è riuscito a tornare a casa un ragazzo tedesco di 27 anni. Il nome per motivi di sicurezza è stato naturalmente segretato, ma da mesi riferisce ai magistrati tedeschi tutti i particolari agghiaccianti dell’anno passato in prigionia. Partendo dai metodi di tortura come il waterboarding, è arrivato a raccontare di quei frenetici spostamenti da carcere a carcere, tecnica usata dai jihadisti per eludere eventuali attacchi.
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Tra i carcerieri più efferati, il ragazzo ha raccontato di un suo connazionale, Philip Bergner, che prima di scappare in Siria nel 2013 vendeva pizze a domicilio in una cittadina della Ruhr, l’ex polmone industriale della Germania. Un altro particolare che lascia interdetti è di certo il metodo, anzi i metodi, utilizzati degli aguzzini per incutere terrore, non solo pene corporali, ma anche psicologiche: eseguendo finte esecuzioni con pistole caricate a salve o scariche, a volte preparando le loro vittime alla decapitazione descrivendo loro per filo e per segno cosa succederà di li a poco.
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