Il problema c’è ed è alle porte dell’Italia. Finora abbiamo visto l’Isis espandersi tra Siria e Iraq. Neanche troppo lontani considerando che, in un mondo così geopoliticamente strutturato, le distanze non esistono più. Ma i jihadisti dello Stato islamico sono ormai a poche ore di mare dalle nostre coste. E non va sottolineato per indurre allarmismi, ma per suscitare riflessioni “pratiche”. L’intento degli scalmanati guerriglieri islamisti è quello di colpire l’Europa e qualche avvisaglia il Vecchio continente l’ha già registrata. Ormai il problema non è dei soli “cani sciolti” che seminano terrore in qualche capitale europea: un vero e proprio esercito preme ai nostri confini e l’Italia, mai come in questo caso, è la vera porta d’Europa nel Mediterraneo. L’Egitto è stato il primo paese a muoversi contro l’Isis, nelle ultime ore, con raid mirati ed è proprio dal Cairo che arriva all’Onu la “richiesta” specifica: bisogna intervenire. Problema egiziano, quello dell’Isis, problema italiano in quanto paese occidentale (e cristiano) a portata di attacco. Il nostro paese potrebbe ritrovarsi in prima fila. E, in un certo senso, lo è già.
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L’Italia è pronta. Si parla soltanto di ipotesi per ora, ma se dovesse essere chiesto a Roma di mettersi alla testa di una coalizione internazionale per un intervento in Libia, non ci tireremmo indietro. Lo si comprende dalle parole del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che in un’intervista al Messaggero ricorda che tutti, nel panorama internazionale, “individuano nell’Italia la nazione col ruolo di protagonista” nel paese nodafricano, per ragioni storiche e per le aspettive dei libici. Pinotti aggiunge che “la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente”. Il ragionamento è questo: in Afghanistan, un paese indubbiamente meno legato all’Italia e per noi meno strategico, sono stati mandati cinquemila soldati e dunque a maggior ragione per Tripoli si dovrà fare di più. Il ministro ha già parlato con l’inviato dell’Onu per la Libia e con il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Shoukry, a conferma che qualcosa si sta già muovendo.
Neanche Matteo Renzi lo esclude, anzi… Il governo italiano vuole una coordinazione internazionale per “coordinarci in un sistema di legalità internazionale”, ma chiarisce che ci sono anche “esigenze di difesa nazionale”. Qualche giorno fa il premier, durante un’adunata del consiglio europeo, ha deciso di porre con forza la questione Libia, per scuotere il resto d’Europa su una questione finora rimossa: “Esiste il problema dell’Ucraina, ma anche un’emergenza in Libia della quale tutta l’Europa deve farsi carico”. Palazzo Chigi ha un obiettivo, anche se non ancora palesato: una missione di peacekeeping con le bandiere Onu, ma guidata dall’Italia e contestualmente una conferenza di pace a Roma.
L’Italia fa sul serio? Sembra proprio di sì se anche il “mite” ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, si affida a parole di questo tenore: “L’Italia sostiene la mediazione dell’Onu ma se non riusciamo nella mediazione, credo che bisogni porsi il problema, con le Nazioni Unite, di fare qualcosa di più”. L’Italia “è pronta a combattere, naturalmente nel quadro della legalità internazionale”. Perché “non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva”. Appunto, un esercito preme alle porte e l’illusione che ci siano solo barconi che attraversano il Canale di Sicilia sta svanendo. L’Italia è un obiettivo, come apertamente dichiarato dai miliziani Isis. E ha già cominciato a difendersi.Segnali in questo senso arrivano anche dalla – non trascurabile – diplomazia parlamentare tra maggioranza e opposizione: Forza Italia si è già dichiarata “alleata” del Pd su questo fronte. Non c’è divisione che possa tenere quando è in gioco la sicurezza nazionale. I termini sono praticamente questi. E le azioni saranno compatibili alle riflessioni. L’Italia è pronta a giocare la sua partita nel “suo” Mediterraneo.
L’Isis prende la Libia e pianifica lo ‘sbarco’: “Colpiamo l’Italia, siamo vicini”