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Grecia sull’orlo del baratro: perché Atene si scontra con l’Ue (e la Germania)

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Che la vittoria di Alexis Tsipras avrebbe portato a ulteriori scontri tra Grecia e Unione europea era ampiamente prevedibile, soprattutto perché riporta il dibattito su un piano interpretativo fondamentale: il ruolo che Bruxelles deve giocare nei confronti di un paese membro in difficoltà. Che vuol dire essenzialmente essere a favore o contro l’austerity. E le cronache delle ultime 24 ore mettono in evidenza proprio questo. La situazione è complessa, fatta di accordi precedenti che il nuovo esecutivo ellenico vuole “smontare” perché considerati iniqui e di atteggiamenti irremovibili del governo tedesco di Angela Merkel. Ecco i tre principali punti di attrito.

La Grecia chiede la ristrutturazione del debito considerato eccessivo e unostacolo alla ripresa dell’economia del paese. Anzi, all’atto dell’insediamento il nuovo premier ha addirittura chiesto la cancellazione del debito greco. Proposta immediatamente rifiutata dalle burocrazie comunitarie e dalla maggior parte dei paesi membri.

Atene cerca dunque di superare l’impostazione che ha messo il paese sotto tutela internzionale. I piani di riorganizzazione, difatti, sono stati decisi dal governo precedente che ha accettato le condizioni della Troika (Commissione Ue, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale). Ora Tsipras chiede il non riconoscimento di un organismo informale come la troika che vorrebbe dire rimettere in discussione l’essenza stessa del piano di salvataggio che scatta nel momento in cui un paese membro scivola verso il default.

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Infine c’è la questione degli aiuti immediati. Su questo l’Ue ha voluto “punire” il tentativo greco di “rompere il sistema”. La doccia fredda per Atene è arrivata ieri, dopo una giornata di incontri dei due principali rappresentanti del nuovo corso greco con i vertici europei: Varoufakis da Draghi, Tsipras alla Ue. La Banca centrale europea mette in enorme difficoltà il governo Tipras, togliendo alle banche elleniche l’accesso alle normali aste di liquidità e giudicando il programma di salvataggio greco a rischio. Vuol dire che la Bce ha infatti deciso di rimuovere la deroga, introdotta nel 2010, che consentiva alle banche greche di approvvigionarsi di liquidità fornendo a garanzia titoli di Stato. Così la Bce chiude – non del tutto, ma chiede regole precise – i rubinetti che permettevano alle banche greche di avere liquidità anche a fronte di una contropartita di titoli di stato senza garanzie. Il che si può riflettere, anche a breve, sulla possibilità di avere denaro per i pagamenti a partire da stipendi e pensioni. Secondo gli analisti, se la Grecia non rinnoverà il suo programma per una nuova linea di credito,  rischia di non poter far fronte ai suoi pagamenti il 25 marzo. E sarebbe l’quivalente di un default, come quello vissuto dall’Argetina nel 2001.

Per questo il ministro delle Finanze greco Varoufakis attacca le istituzioni comunitarie: “Che piano è? Un’Europa nella quale noi riceviamo dei crediti che non potremo mai ripagare?”. Per poi ricordare che “gli Usa all’epoca hanno condonato la maggior parte dei debiti alla Germania”. Che fare, dunque? “Dovremmo guardare il problema con lo sguardo di un curatore fallimentare. E cosa fa un curatore fallimentare? Tenta di ridurre i debiti”. La richiesta, in pratica, è quella di un vero e proprio Piano Marshall europeo per la Grecia.
La Grecia di Tsipras dice no all’Europa: “Non rispetteremo l’austerità”


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