Il programma Le Iene desta sempre scalpore. È intrattenimento, ma dietro il velo della satira, ma lo stile è quello dell’inchiesta e, delle volte, i protagonisti dello show si prendono dei rischi. Ed è quello che è capitato a Luigi Pelazza che è comparso in Tribunale a Torino per rispondere ad un reato non da poco. La questione va avanti dal 2012, ma la giustizia fa il suo corso, e oggi il conduttore, dismesso il completo nero, si è presentato in veste di imputato per rispondere alle domande del giudice.
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La vicenda risale a quattro anni fa, per un servizio che è andato in onda nel gennaio 2012, per il quale è stato accusato di Luigi Pelazza de “Le Iene” in tribunale: a processo per un servizio tv del 2012, a causa del quale Pelazza è stato accusato di concorso in sostituizione di persona. Come ricostruito dal quotidiano La Repubblica, in quell’occasione Pelazza aveva raccolto la testimonianza di una donna, da cui era stato contattato, per denunciare le gravi difficoltà stava avendo nell’incontrare la figlia Katia. La ragazza che soffre di un grave ritardo mentale era stata allontanata di casa per essere inserita in una comunità nel quartiere di Borgo San Paolo, a Torino. La madre, la signora Anna, sosteneva che la figlia non veniva trattata nel modo adeguato.
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Dato il racconto della donna Le Iene decidono di entrare nella comunità, con una telecamera nascosta, per accertarsi della cosa. Visto che Pelazza è un volto molto noto decise di non entrare nella struttura ma di mandare un suo collega, Luca Panichi (già stato giudicato con rito abbreviato) che entrò, mentendo sulla propria identità e facendosi passare per un lontano cugino americano di Katia. Le telcamere ripresero l’incontro e oltre agli abbracci tra madre e figlia, venne ripresa anche la direttrice del centro che assumeva un atteggiamento brusco. A seguito della messa in onda del servizio, la donna si è riconosciuta, anche se il suo volto era oscurato. Così è scattata la denuncia.
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In tribunale Pelazzo ha spiegato che il servizio era stato realizzato da Panichi e che lui si era limitato solo a fare i commenti. Il conduttore ha risposto alle domande dell’avvocato della parte civile, ribadendo di “essere stato giornalista fino al 2013”, sottolineando però che “il diritto di cronaca non ce l’hanno solo i giornalisti, perché è garantito dall’articolo 21 della Costituzione”. In ogni caso a processo sono finiti anche gli autori del servizio, insieme alla madre di Katia (che ha già “espiato” la colpa con un periodo di “messa alla prova” in una parrocchia) e una sua parente.
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