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Mostrati indifferente come lei e non seguire i suoi passi se ti fugge

Una delle poesie più conosciute di Gaio Valerio Catullo (Verona, 84 a.C. – Roma, 54 a.C.) è il carme 8, quello a cui il poeta affida le sue tristi riflessioni sulla fine dell’amore con Lesbia. Stanco dei suoi continui tradimenti al poeta non resta che accettare una separazione definitiva, nonostante questo gli provochi una grande sofferenza d’animo. E così in questi meravigliosi versi cerca di autoconvincersi della bontà della decisione presa, mostrando al tempo stesso tutta la passione che ancora gli brucia dentro. Vi proponiamo la versione magistralmente tradotta da Salvatore Quasimodo.

Povero Catullo, basta con le follie,
ciò ch’è finito, convinciti, è finito.
Un tempo brillarono per te limpidi giorni,
quando correvi dove voleva la ragazza
da te amata come nessuna sarà mai amata.
E là quante dolcezze nei giochi d’amore
che tu volevi allora e lei non rifiutava.
Davvero brillarono per te limpidi giorni!
Ma ora non vuole più, e tu cerca di vincerti
e mostrati indifferente come lei
e non seguire i suoi passi se ti fugge
e non tormentarti più, ma, ostinato, resisti.
Addio fanciulla, ormai Catullo è deciso,
non tornerà a cercarti, non ti vuole per forza.
Ma tu soffrirai, se non sei desiderata.
Ti pentirai, perfida! Che vita sarà la tua?
Chi ora verrà da te? E per chi sarai bella?
E chi amerai? E di chi si dirà che tu sei?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
Ma tu, Catullo, ostinato, resisti.

Miser Catulle, desinas ineptire,
et quod vides perisse perditum ducas.
fulsere quondam candidi tibi soles,
cum ventitabas quo puella ducebat
amata nobis quantum amabitur nulla.
ibi illa multa cum iocosa fiebant,
quae tu volebas nec puella nolebat,
fulsere vere candidi tibi soles.
nunc iam illa non vult: tu quoque impotens noli,
nec quae fugit sectare, nec miser vive,
sed obstinata mente perfer, obdura.
vale puella, iam Catullus obdurat,
nec te requiret nec rogabit invitam.
at tu dolebis, cum rogaberis nulla.
scelesta, vae te, quae tibi manet vita?
quis nunc te adibit? cui videberis bella?
quem nunc amabis? cuius esse diceris?
quem basiabis? cui labella mordebis?
at tu, Catulle, destinatus obdura.

 



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