“Mi hanno lasciato solo, ecco perché è finita così”. È profondamente amareggiato il giornalista Massimo Giletti, intervistato dal Corriere della Sera e da La Repubblica dopo che il Viminale gli ha riconosciuto la scorta. Il conduttore di “Non è l’Arena” non si è mai fermato di fronte ad argomenti scottanti, né ha lesinato critiche ai potenti di turno. Stavolta a finire sotto i riflettori del programma de La 7 è stato il legame le rivolte nelle carceri e la scarcerazione di alcuni boss mafiosi.
Un legame che evidentemente non è piaciuto al boss Filippo Graviano che a fine maggio, dal carcere in cui è rinchiuso, si lamentava di “quel giornalista che mi sta rompendo la mi…a”. Sempre Giletti a La Repubblica: “Se fossimo stati in tanti ad affrontare con forza questi argomenti, non sarei diventato un obiettivo. Pago il fatto di essere stato solo. Però mi ha fatto piacere che Urbano Cairo mi abbia chiamato e mi abbia detto: ‘Io sono sempre con lei'”. (Continua dopo la foto)
Massimo Giletti è dunque sotto scorta da due settimane e la cosa, oltre che preoccuparlo, gli ha trasmesso un senso di solitudine. Al giornalista del Corriere della Sera ha confessato il suo stato d’animo: “Profonda tristezza. Senso di solitudine. Se il Viminale mi assegna la scorta vuol dire che nel mio programma abbiamo toccato qualcosa di grave e molto pericoloso. Ma essere un unicum ti espone. Diventi obiettivo. È quello che faccio più fatica ad accettare”. (Continua dopo la foto)
Lo stesso Giletti avanza un sospetto sulla fine delle rivolte nelle carceri: “Erano anni che non c’erano rivolte nei padiglioni bassi. Stranamente dopo essere costate diverse vite e oltre 30 milioni di euro di danni, all’improvviso si sono fermate. Non vorrei che nel Paese delle trattative ci sia stato un accordo”. Al giornalista non è giunta solo solidarietà, Marco Travaglio, ad esempio, ha definito “Non è l’Arena” un covo di mitomani. Parole che hanno sconfortato Giletti da sempre ammiratore del direttore del Fatto Quotidiano. (Continua dopo la foto)
Il giornalista ha così fotografato una situazione che, a suo modo di vedere, è tutt’altro che risolta, tirando in ballo anche l’attuale ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. I provvedimenti presi dopo le scarcerazioni dei boss non avrebbero ripristinano la normalità: “Malgrado le nuove norme molti detenuti pericolosi non sono affatto tornati in carcere. E in ogni caso aver lasciato criminali come quelli sul territorio è stato un danno irreparabile”. “E il fatto che ora io sia un obiettivo – ha aggiunto Giletti sempre al Corriere – significa che le nostre inchieste hanno colpito nel segno”.
“Sotto scorta”. La decisione del ministro dopo le minacce. Per il giornalista è un momento durissimo