Comunque la si pensi, Fidel Castro è stato uno dei protagonisti della difficile storria del Ventesimo secolo. Ma un profilo del genere, del Liíder máximo, non era mai stato tracciato. A parlare dell’ex presidente cubano è il 66 enne Juan Reinaldo Sánchez, che con Castro ha trascorso 17 anni essendo stato una delle sue guardie del corpo. Dice di avere adorato quell’uomo più della sua famiglia. Poi, racconta, ha dovuto ricredersi, in un momento particolare: quando ha scoperto che il leader della Rioluzione cubana “era corrotto ed era direttamente coinvolto nel traffico di droga”. Tutto spiegato nel suo libro “La doppia vita di Fidel Castro”, in uscita il 12 maggio: un libro in cui si annuncia la rivelazione di innumerevoli segreti dell’uomo che più ha segnato la storia di Cuba.
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Sanchez racconta di come Castro abbia diretto operazioni di traffico di cocaina “come un vero padrino”, riferendosi in particolare a una vicenda avvenuta nel 1988 che ha cambiato totalmente la sua visione dell’uomo che aveva sempre adorato. L’episodio riguarda una conversazione avvenuta tra Castro e il suo fedele il ministro dell’Interno ed ex capo della sicurezza, José Abrantes, in un ufficio con sede a L’Avana.
Sanchez spiega che “un po’ per curiosità, un po’ per ammazzare il tempo” aveva deciso di nascondere un microfono accesso in un controsoffitto. Ma quello che doveva essere un semplice divertimento si trasformò in un vero e proprio choc: la conversazione verteva su un trafficante di droga che voleva trascorrere una vacanza nel suo paese natale. Una settimana in tutto. Abrantes avrebbe chiesto a Castro il permesso di portare temporaneamente il trafficante a visitare la spiaggia di lusso di Santa María del Mar, situata a est de L’Avana, con i suoi genitori.
“Il trafficante avrebbe pagato 75mila dollari che sarebbero finiti esclusivamente nelle tasche di Castro. La preoccupazione più grande per lui era garantire il silenzio dei genitori dell’uomo. La soluzione arrivò presto da Abrantes, che si sarebbe occupato personalmente di far credere ai parenti che il figlio fosse un agente dell’intelligence cubana infiltrato negli Stati Uniti. Il ministro, inoltre, aggiunse che l’uomo avrebbe rischiato la vita se loro non avessero mantenuto il segreto sulle loro vacanze. Fidel a quel punto esclamò soltanto: ‘Molto bene’. È stato come se il cielo mi fosse caduto addosso. Mi sono reso conto che l’uomo per cui avevo tanto sacrificato la mia vita, il Líder che ho adorato come un dio e che contava più della mia famiglia era coinvolto nel traffico di cocaina a tal punto che stava dirigendo operazioni illegali come un vero padrino”.
Sanchez continua raccontando di come il traffico di cocaina sia cresciuto in America Latina con il crollo dell’Unione sovietica che finanziava direttamente e indirettamente L’Avana. “Quando gli Stati Uniti iniziarono a nutrire sospetti sul traffico di droga a Cuba – aggiunge – Castro ha dichiarato pubblicamente che avrebbe condotto un’indagine onesta. Durante l’inchiesta, Abrantes e il generale cubano Arnaldo Ochoa furono arrestati. Quest’ultimo fu condannato a morte a seguito di un processo che è stato censurato da Castro prima che fosse trasmesso da una televisione cubana”.
“La doppia vita di Fidel Castro” scritto da Sanchez e da Axel Gylden, “affronta anche il rapporto con la famiglia – si legge nella descrizione del volume – e i nove figli avuti da cinque partner diverse e promette di rivelare innumerevoli segreti di Stato e le molte facce del monarca cubana: leader genio della guerra in Nicaragua e in Angola, autocrate paranoico a casa, maestro di spionaggio, diplomatico machiavellico, e complice di trafficanti di droga. Questa straordinaria testimonianza ci porta a riesaminare tutto quello che pensavamo di sapere sulla storia cubana e su Fidel Castro”.
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