Una politica invadente, ambiziosità progettuali, carenze manageriali e risorse altalenanti. Sarebbero solo alcuni dei (tanti) mali del Maxxi di Roma, aperto nel 2010, commissariato due anni dopo e ora al centro di un faticoso rilancio, con un numero di visitatori ancora risibile rispetto alla Tate Modern di Londra o al Centre Pompidou di Parigi. Una struttura da 21 mila metri quadrati disegnata da Zana Hadid e costata 180 milioni di euro, il triplo rispetto le previsioni, dove solo la metà della superficie sarebbe adatta a delle esposizioni. Un pampleth di Alessandro Monti, ordinario di Teoria e politica dello sviluppo, passa ai raggi x, con una diagnosi spietata, il museo nazionale delle Arti del XXI secolo. “Frutto di scelte politiche prive di una puntuale analisi di costi e benefici per la collettività, e caratterizzato dall’anomala condizione di museo statale affidato in gestione a una fondazione di diritto privato, il MAXXI è nato senza una chiara e convincente giustificazione culturale” scrive Monti, che però avanza anche proposte, da una gestione trasparente che coinvolga maggiormente il personale a una migliore selezione dell’offerta culturale. Del resto, se per portarlo sui giornali ci vogliono le polemiche per la nomina e lo stipendio di Giovanna Melandri o un’opera che mescola sesso e ragazzini, per il Maxxi c’è ancora molta strada da fare.
Alessandro Monti
Il MAXXI a raggi X. Indagine sulla gestione privata di un museo pubblico
Editore Johan & Levi
Prezzo € 6,99