Da un grande affabulatore come Roberto Piumini arriva “I silenziosi strumenti d’amore”, un vero e proprio canzoniere amoroso, composto solo da sonetti che, pur nella forma chiusa della struttura metrica classica, raccontano con assoluta naturalezza un amore dei nostri giorni. Scrive Umberto Piersanti: “La forza di questa poesia sta nell’avere assunto l’amore come totalità, come tema unico sul quale sono possibili infinite variazioni, ma mentre il sonetto antico non conosce un ‘eros’ raccontato, Piumini ‘racconta’ tutta la fisicità dell’eros, e non lo distingue dalla contemplazione, dalla tenerezza e dall’amore…”. Si tratta di un modo nuovo di usare il sonetto, impregnato di realtà e lingua contemporanea. “L’accostamento al Trecento è solo nella forma, nell’uso della rima (alternata, baciata, corrisposta) – scrive Ottavio Rossani) – Ci sono tutte le variazioni. Ma ci sono però i contenuti aderenti alla sensibilità di oggi. C’è una fisicità corporea (braccia, gambe corpi. baci, carezze movimenti erotici) e una fisicità strumentale (arnesi da cucina e altri). Tutto ciò per cantare l’amore. Un amore normale, quotidiano, forse matrimoniale. C’è anche l sesso, raccontato in modo delicato, prudente, pulito”.
Eccone tre sonetti della raccolta
Nonostante il piacere, ci hanno detto
Nonostante il piacere, ci hanno detto,
sia premio infido, futile e bugiardo,
malvagia fiera in pelle di giaietto,
losco e vituperabile leopardo,
pure, quando gioiosa in godimento,
ti allacci alla mia pianta, e la scuoti,
assai più di burrasca che fa il vento,
perché dell’ultimo seme si svuoti,
quando, dalla mia gola reticente,
rampolla su per l’argine quel suono
e a te, godendo, reciprocamente,
esce il furore melico del tuono,
so che il piacere sta nal’esistente
come, a una colpa, il suo perdono.
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Quella che un tempo si sarebbe detta
Quella che un tempo si sarebbe detta
la tua verginità, non mi è toccata:
non io ho consumato la vendetta
del maschio sulla donna innamorata.
Sono contento: il dolore è dolore
anche quando felice e consenziente.
Io preferisco il discorso d’amore
che, quanto a pena, non sa dire niente.
Nessuna gelosia che il tuo passaggio
da ragazza a donna non sia stato
celebrato da me, prete impacciato.
Prima c’è stato aprile, e dopo maggio:
nel colmo dell’estate ti ho incontrata,
quando la fioritura era fruttata.
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Perché in sonetti? Non è cosa trita
Perché in sonetti? Non è cosa trita
cantarti in questo modo medievale,
oiuttosto che nella forma scxaltrita
di una scrittura nuova e disuguale?
Non accadrà che il linguaggo antico
mi port a far figure un po’ datate,
e le espressioni che, scrivendo, dico,
sembrino, o peggio siano inadeguate?
Non penso, se leggendo ogni sonetto,
ti sembrerà che quello che ho detto,
abbia la mia voce e il mio accento.
Non credo, se ascoltando ogni verso,
non avrai dubbi che con te converso,
e non con una donna del Trecento.
Roberto Piumini
Da I silenziosi strumenti d’amore (Interlinea)