È giusto porre domande sulla vita privata durante un colloquio di lavoro? Evidentemente no: ma ci sono datori di lavoro che lo fanno e se non viene data risposta invitano (più o meno gentilemente) il candidato ad andare via. La storia di Paola Filippini rientra in questa casistica: è una fotografa di 28 anni, che per arrotondare aveva deciso di candidarsi come hostess per check-in per alloggi turistici. Si è presentata a un colloquio e poi ha denunciato tutto su Facebook. Ecco l’intervista. Il suo posto ha raggiunto le 30mila condivisioni.
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Mi fa accomodare alla sua scrivania, ma non si presenta, non mi da la mano, non si scusa del ritardo, mi da del tu. Questa cosa mi da fastidio, ma anche qui passo oltre. Prende un foglio prestampato. Questionario Informativo, c’è scritto. Inizia con le domande: Lui: “la tua data di nascita?” io:“1-12-87” Lui:“e quanti anni hai?” io: “28” Lui:“dove vivi?” io: “risiedo a Mestre” Lui:“..mi serve l’indirizzo preciso” io: “sono certa di averlo già scritto nel mio C.v.” sorrido educata. Lui:“mi serve questa informazione di nuovo” (seccato) io: “va bene, via ***” Lui:“ok. Stato civile?” io: “in che senso?” (oh no, sento già lo stomaco chiudersi) Lui:“sei sposata? Convivi? Hai figli?” Respiro “E’ necessario che io risponda a questa domanda?” Lui:“si, è necessario” (si sta agitando) io: “posso non rispondere”? Tenetevi forte. Lui: “Certo. Allora ti puoi anche accomodare fuori, per me il colloquio finisce qui”.
“Non capisco,” dico io “perchè mi sta congedando in questo modo” Lui: “Perchè tu mi devi rispondere alle domande, e se non mi rispondi il colloquio non può proseguire” Io: “Non può proseguire il mio colloquio se io non le descrivo la mia situazione famigliare?” Lui: “esattamente.” Io: “mi può fornire almeno una spiegazione?” (cerco di insistere) Lui: “Devo sapere se sei sposata e se hai figli, perché questo determina la tua disponibilità lavorativa” Io: “mi scusi Dottore, ritengo che la mia disponibilità lavorativa esuli dalla mia condizione privata. Se vuole sapere quanto e quando posso lavorare, mi può semplicemente chiedere qual’è la mia disponibilità oraria” Lui, ormai furibondo:“Io chiedo quello che mi pare, e se non vuoi rispondere non posso darti il lavoro. Ora te ne puoi anche andare”. 1…2….3……Vabe dai, ormai è fatta. Parto con le mie: “Posso dirle una cosa? E’ proprio per colpa di persone come lei che questo Paese sta andando a puttane. Perché se a una donna viene chiesto di dichiarare la sua situazione famigliare prima di chiederle quali sono le sue capacità, cosa sa fare e quali sono le sue aspettative lavorative, allora siamo proprio in un mondo di merda. Lei non sa che parlo perfettamente 3 lingue straniere, non sa che questo lavoro l’ho fatto per anni, che ho tanta esperienza e capacità. Lei non me lo ha chiesto. Mi tolga una curiosità, anche ai maschi chiede se hanno figli e se sono sposati quando fa loro un colloquio?” Lui: “no, ai maschi non lo chiedo. Perché questo è un lavoro che ritengo debbano fare solo le donne”.