Sta facendo molto rumore la storia di un uomo sembrato morto per circa 90 minuti in seguito ad un infarto, ma poi è ritornato a vivere in virtù dell’operato dei soccorritori, che con le manovre di rianimazione gli hanno permesso di riprendersi. E lui ha cominciato a raccontare la sua storia, anche perché in molti erano curiosi su ciò che ha vissuto in quella fase di pre-morte. Ed è partito, soffermandosi sul momento in cui la moglie si è accorta dei suoi problemi di salute.
Quest’uomo, che era praticamente morto per 90 minuti per un infarto improvviso, ha iniziato così le sue rivelazioni come riportato dal sito Supereva: “Mia moglie ha il sonno leggero e mi ha svegliato gorgogliando. Ha afferrato il suo cellulare per chiamare l’ambulanza e le hanno detto di togliermi dal letto per poter eseguire la RCP. Ha fatto la RCP per 20 minuti, poi sono arrivati i paramedici. Hanno fatto la RCP e mi hanno colpito con il defibrillatore. Apparentemente, è stato qualcosa di più di 10-12 volte”.
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Uomo morto per 90 minuti dopo un infarto: la sua storia
La storia, ripresa anche dal Daily Mail, è quella di Alistair Blake, un uomo di 61 anni vittima di questo malore nel 2019 (ne aveva all’epoca 58) e che era parso morto per circa 90 minuti, prima che i medici gli salvassero la vita dall’infarto. I poliziotti, nel frattempo intervenuti sul luogo, avevano preparato la coniuge al peggio. Ma quando si è risvegliato 7 giorni dopo non aveva lesioni al cervello e i dottori lo hanno chiamato Lazzaro perché era come risorto. Lui ha aggiunto nel racconto: “Ricordo di essere andato a letto il sabato sera e la cosa successiva che ricordo è stato svegliarmi il giovedì mattina su una barella che va dalla terapia intensiva alle cure coronariche. Il cervello umano ha completamente bloccato quello che è successo nel mezzo. Molte persone mi chiedono se ho visto qualcosa, e no, non ho visto niente“.
Nel podcast I’ve Got News For You, pubblicato da news.com.au, Blake ha detto di non aver avuto particolari ricordi dell’aldilà: “Niente luci, niente del genere“. Poi è intervenuto Steel, un consulente di cure palliative: “Da una prospettiva spirituale, alcune persone credono che la luce brillante sia uno sguardo nell’aldilà o un segno che la coscienza sta lasciando il cervello. Dal punto di vista di uno psicologo, alcuni dicono che sia più un meccanismo difensivo o alcuni dicono che sia un flashback ai ricordi precedenti. Dal punto di vista medico, e quello a cui aderisco di più, si tratta più di un cambiamento nel modo in cui funziona il nostro corpo, in particolare il cervello. Il cervello, come sai, ha bisogno di molto ossigeno e afflusso di sangue per fare il suo lavoro in modo efficace. Ogni volta che l’ossigenazione viene interrotta, il cervello non agisce normalmente”.
Steele ha concluso soffermandosi sulla fatidica luce: “Il cambiamento dell’afflusso di sangue che si verifica nel cervello a causa della bassa pressione sanguigna si traduce in una sorta di visione a tunnel, quindi l’oscurità arriva dall’esterno prima che si sviene. Per me, questa luce bianca è una versione più esagerata dello svenimento“. Quindi, non ci sarebbe niente di soprannaturale.