‘’Ieri mi sono sentito un handicappato. Uso questo termine al posto del politically correct ‘diversamente abile’ perché di ‘correct’ ieri ho visto ben poco. Direte voi: ma tu lo sei un handicappato! Certo. Lo sono. Ogni giorno. Ma ci sono momenti in cui me lo sbattete in faccia ancor di più. Come dice l’amica Sofia, è la società che ci fa sentire handicappati. Se tutto funzionasse a dovere i nostri handicap non sparirebbero dal corpo ma dalla percezione che abbiamo di essi, sì. E ieri a quella fermata del bus a Bologna mi sono sentito handicappato. Anzi. Mi avete fatto sentire handicappato”.
Così Maximiliano Ulivieri si sfoga in una lettera indirizzata al quotidiano Repubblica, nella quale denuncia un episodio vissuto in prima persona qualche giorno fa. Ulivieri aveva un appuntamento importante e per presentarsi aveva intenzione di utilizzare i mezzi pubblici. Qualcosa, però, è andata storta e lui non ha potuto prendere il bus. ‘’Primo bus, il 28, passa dopo 10 minuti. Ha il simbolo della carrozzina, – spiega nella lettera – cosa che dovrebbe tranquillizzare un disabile ma ben si sa che un disabile tranquillo non può mai stare. Ha la pedana elettrica. L’autista prova a farla uscire. “Forse è troppo alla pari con il marciapiede, vado più avanti dov’è più basso”. Si sposta, la gente che urla “no, dove va!” e io a tranquillizzarli “lo fa per me, ora si ferma”. La pedana esce, mi rilasso. No, la pedana rientra. Ci riprova. Esce. Rientra. L’autista si avvicina sconsolato “non va”. Ok. Devo aspettare il prossimo’’.
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Ulivieri ha raccontato che al secondo tentativo si è anche avvicinato all’autista con l’intenzione di capire e magari aiutarlo, ma lui si è sentito offeso: “Se non si fida è un problema suo”. Ha chiuso le porte ed è andato via. Alla fine il disabile è stato costretto a chiamare la persona che lo stava aspettando e a rimandare il suo appuntamento a un altro orario e in un posto che avrebbe potuto raggiungere senza un autobus. ‘’’Torno verso casa. Mi viene in mente il secondo autista. – continua Maximiliano nella lettera – Mi capita spesso di vederli impacciati a usare queste pedane (e non stiamo a ripetere che “le manuali sono meglio” perché in tutta Europa hanno solo le pedane elettriche) e mi chiedo se, forse, non sarebbe utile un bel corso di preparazione agli autisti. Magari seguito da un corso di empatia. Sì, perché se io già mi sento handicappato nel dover perdere appuntamenti a causa vostra, poi devo pure sorbirmi la tua incazzatura per il mio nervosismo. Scusami. Ti chiedo scusa. Lo so. Sono un tipo molto paziente. Calmo. Ogni tanto però non resisto. Tranquilli. Ci lavorerò sopra e cercherò di essere ancora più paziente. Nel frattempo però – conclude – vedete di evitare di ricordarmi che sono un handicappato. Non me dimentico mai. Anche grazie a voi’’.
Poche ore dopo la pubblicazione della lettera, Maximiliano Ulivieri ha raccontato della telefonata ricevuta dall’assessore regionale ai Trasporti Raffaele Donini, che chiederà spiegazioni all’azienda di trasporti Tper. Poi anche l’assessore alla Mobilità del Comune di Bologna Andrea Colombo ha commentato su Facebook l’accaduto e si è scusato: “Mi dispiace molto per quello che ti è capitato – così Colombo rivolgendosi direttamente a Ulivieri – e credo ti siano dovute in ogni caso delle scuse, al di là delle responsabilità specifiche per una pedana malfunzionante o per il comportamento (inadeguato, per come lo racconti, al servizio pubblico che svolge) da parte di un autista, fra i tantissimi che invece ogni giorno fanno bene il loro lavoro e dedicano la giusta attenzione ai passeggeri con disabilità”.
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