Si chiama Natalia Ponce de Leon, ha 35 anni, è di Bogotà, Colombia, e in pochi attimi la sua vita è cambiata per sempre. Non potrà mai dimenticare quel momento. Erano le 17 in punto del 27 marzo 2014, stava andando da sua madre quando il portiere la avverte che fuori casa c’è un uomo ad attenderla. Appena esce, la tragedia: quell’uomo le getta in faccia un litro di acido solforico, sfigurandola per sempre.
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La pelle e i vestiti si squagliano in un baleno, Natalia non riesce a vedere più nulla: ”Non ricordo il dolore – racconta la donna – ricordo solo di aver visto tutto grigio. Temevo di aver perso la vista, non ero preoccupata per il mio volto. Volevo morire – aggiunge ripercorrendo quegli attimi terribili, come quando si è guardata per la prima volta allo specchio -. È stato il periodo peggiore della mia vita, non sapevo dove trovare la forza per andare avanti”.
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L’aggressore si chiama Jonathan Vega. Natalia non lo conosceva di persona, si erano incontrati per caso un paio di volte e per lui la 35enne era diventata un’ossessione. L’attacco è stato studiato e pianificato per settimane: Vega sapeva che Natalia viveva da sola e, dopo averla spiata per giorni, aveva capito che ogni settimana usciva per andare a far visita alla mamma. Natalia, dal giorno dell’aggressione, non riesce a mostrarsi in pubblico. Porta sempre una maschera sul volto, non ha più una vita normale, ma ha trovato la forza di diventare la portavoce di tutte le donne che, come lei, sono vittime della stessa brutalità.
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