Uno specialista le aveva consigliato di non operarsi perché secondo lui il tumore non c’era, l’altro invece l’esatto opposto, ma lei ha comunque preferito non rischiare e farsi asportare utero e ovaie. Alla fine, l’amarissima scoperta: stava bene, o meglio non aveva un cancro, bensì una patologia infiammatoria cronica. Ciò significa che la 66enne di Collesalvetti, operata una decina di anni all’ospedale Santa Chiara di Pisa, non doveva farsi rimuovere entrambi gli organi. La donna chiaramente, come scrive Il Tirreno, ha deciso di chiedere i danni all’Asl 5, all’Azienda ospedaliera pisana e a due medici. E il tribunale civile, giudice Marco Viani, in primo grado ha dato ragione alla paziente condannando le due aziende e i docenti a risarcirle un danno fissato in circa 45.000 euro. Le parti hanno già fatto appello contro la sentenza.
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Secondo la ricostruzione della vicenda, e con i dovuti condizionali, nell’aprile 2006, alla donna viene diagnosticato un carcinoma da trattare con la rimozione dell’utero. Lo specialista dell’ospedale Santa Chiara però sconsiglia alla paziente di andare sotto i ferri per delle controindicazioni con l’anestesia. Ma il pensiero di avere un tumore la spinge a rivolgersi ad un altro professionista di livello al Lotti di Pontedera. E così dopo aver eseguito alcuni esami, con diagnosi tumorale, nell’agosto 2006 la donna fu operata e le furono tolti utero e ovaie. Ma gli esami istologici compiuti sugli organi asportati dopo l’intervento, fanno emerge l’amara verità: i reperti erano di natura benigna, “riferibile a patologia infiammatoria cronica e non a eteroplasia”, come si legge nella sentenza. Ora tutto verrà deciso sui banchi del tribunale.
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