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Ha vinto, “è il primo caso al mondo”: ha sconfitto la leucemia con cui combatteva da quando aveva 3 mesi. E il mondo spera: usata una terapia rivoluzionaria

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Questa è l’incredibile storia di Layla Richards, bimba di un anno malata di leucemia alla quale era stato detto che non c’era più nessuna speranza. Oggi, grazie a una terapia genica di frontiera prima sperimentata solo sui topi, Layla è viva, sorride in braccio a mamma e papà e non presenta più tracce del tumore del sangue che le era stato diagnosticato all’età di 3 mesi. Il caso, primo al mondo, è stato annunciato dai medici del Great Ormond Street Hospital di Londra e sarà descritto al prossimo meeting della Società americana di ematologia (Ash), in programma dal 5 all’8 dicembre a Orlando, in Florida. Quando Layla è nata, nel giugno 2014, sembrava tutto a posto. La piccola stava bene, ma 14 settimane dopo è cominciato l’incubo, raccontano i genitori alla stampa britannica: la mamma ha notato che il suo cuore batteva più forte, Layla piangeva sempre, si nutriva a fatica. Pochi giorni dopo, l’esito di un esame del sangue ha dato un nome al nemico da combattere: leucemia linfoblastica acuta, tumore del sangue che nella forma pediatrica, grazie ai progressi della medicina, è diventato guaribile almeno nell’85% dei casi.

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Ma Layla non era fra questi. La sua malattia era aggressiva e la situazione per lei è precipitata, fino a quando i medici non hanno avuto più opzioni da proporre ai genitori, se non le cure palliative per accompagnarla alla morte. Ed è a questo punto che è scattata la voglia di non arrendersi. Il papà Ashleigh e la mamma Lisa, entrambi 30enni, hanno deciso di dire sì a “qualcosa di nuovo”. Layla “era così debole e sofferente. Dovevamo agire. Certo era spaventoso pensare che il trattamento non fosse mai stato utilizzato sull’uomo – ricorda Ashleigh – ma ho deciso di assumermi il rischio”. Un atto di forza che ha innescato una serie di fortunate coincidenze: l’ospedale stava infatti già producendo le cellule di Cellectis in vista di un trial clinico. “Le avevamo nei nostri freezer”, spiega Waseem Qasim, uno dei medici che ha trattato Layla. Dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie per una terapia mai testata sull’uomo, è cominciato il trattamento. “Abbiamo pregato che funzionasse”, racconta Ashleigh. Poche settimane dopo la mamma di Layla era davanti alla scuola della figlia maggiore Reya, quando le arriva la telefonata del marito. “Mi ha detto: ‘Ha funzionato’. E ho pianto lacrime di gioia”, confessa.

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