Miriam Leone, 32 anni, attrice, in questo momento è in onda con due serie tv: ‘1993’ e ‘Non uccidere’. Per Sky è Veronica, soubrette tangentopolesca e fatale spesso svestita. Per la Rai è Valeria, poliziotta introversa e intabarrata che indaga su crimini odiosi. “Interpretare personaggi così diversi fa sì che per strada non ti riconosca nessuno”. Sull’annosa questione della violenza verbale che ha inondato i social network dice: “I miei detrattori si concentrano sulle sopracciglia. Scrivono che le mie sono come quelle di Elio, di Elio e le storie tese. Oggi è il primo giorno che non vivo sul set, da novembre. Tolgo i panni dell’ispettore Valeria Ferro e rimetto i miei”. È difficile togliersi di dosso un personaggio? “All’inizio lo era di più. Ora ho imparato a gestire il rapporto tra identità e distanza: la necessità di entrare completamente in un personaggio e quella di mantenere sempre qualcosa di sé”. E poi confessa:”Anche quando non sono sul set studio: danza, recitazione, canto. Ho delle lacune, non ho frequentato l’Accademia, facevo Lettere a Catania”. (Continua a leggere dopo la foto)
“Malgrado fosse il mio sogno, ho fatto di tutto per non fare l’attrice. Ma a un certo punto mi sono sentita nel posto sbagliato. Un giorno, durante una diretta, ho avuto la sensazione che nessuno stesse dicendo quello che pensava veramente, nemmeno io. Indossavo una maschera adatta al contenitore creato per il pubblico generalista. Beh, ho pensato che quelli non erano i miei panni. Che dovevo uscirne prima di diventare io stessa quel personaggio. Mi è stata data la grossa opportunità di lavorare in tv. Ci ho messo tutta me stessa, anche perché venivo dal nulla, ma alla fine ho rifiutato il contratto che mi avrebbe fatta restare lì”. (Continua a leggere dopo le foto)
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“Ero biondastra con gli occhi chiari nella Sicilia di Aci Catena. C’è chi si rivolgeva a me come se fossi una straniera, non mi riconoscevano come una della comunità: mi chiamavano Mara, Miriana, Emilia… Insomma, ero abbastanza isolata. Sono stata parecchio dalla parte di chi sta in disparte. Offendere qualcuno “diverso” vorrebbe dire non volere bene a me stessa. Se invece qualcuno mi manca di rispetto reagisco. Non mi faccio molti problemi. Mi capita di polemizzare con chi butta una cartaccia per terra, o con chi vedendomi in difficoltà mentre carico un bagaglio resta fermo a godersi lo spettacolo”.
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