“Non indurci in tentazione ma liberaci dal male”. Il passo è forse uno dei più famosi della storia della letteratura, come del resto lo è l’intero testo, il Padre Nostro, la preghiera più nota del Cristianesimo. Le parole, ripetute per secoli da miliardi di voci sparse in ogni angolo del mondo, sono le stesse che, secondo quanto scritto da Luca nel suo Vangelo, furono insegnate da Gesù stesso ai suoi discepoli. Parliamo di un caposaldo della religione cristiana, uno di quei testi ritenuti intoccabili. Eppure, a duemila e più anni di distanza, la versione italiana suscita ancora non poche controversie tra teologi e ministri del culto. Papa Francesco è stato l’ultimo a intervenire sulla questione relativa al passo controverso in cui, stando alla nostra traduzione, Dio ci indurrebbe in tentazione. Sembra quasi che per secoli i fedeli abbiano rivolto la loro preghiera all’altissimo supplicandolo di non metterli alla prova. Al riguardo Bergoglio, durante la settima puntata del programma “Padre Nostro” condotto da don Marco Pozza su Tv2000, è stato piuttosto chiaro. Il Pontefice ha, infatti, sottolineato come la traduzione italiana della preghiera sia assolutamente fuorviante. (Continua dopo la foto)
Papa Francesco, durante la trasmissione televisiva, ha indicato una variazione molto simile, proponendo la formula “non mi lasci cadere nella tentazione”. Sembra dunque che il Pontefice concordi con il pensiero del vescovo di Grenoble, monsignor Guy de Kerimel, secondo cui la prima formula – “non sottometterci” – ha fatto credere a generazioni di fedeli che Dio potesse tendere in qualche modo una sorta di tranello: chiedendo loro di compiere il bene, li “sottometteva” alla tentazione del male. Dio non è ingannatore ma liberatore di uomini e nella preghiera che più di tutte è rappresentativa della sua Chiesa non può esserci confusione.