Si parla, giustamente, molto di Ebola in questi periodo, ma in Italia si può ancora morire per colpa di altri virus e batteri ritenuti debellati e che invece covano come brace sotto la cenere. Secondo uno studio pubblicato a febbraio dall’Istituto Superiore di Sanità, l’Italia è il Paese europeo col maggior numero di casi di infezione tetanica, sostenuta dal bacillo Clostridium tetaniche, insinuandosi attraverso tagli e ferite, produce micidiali spore e tossine. Di tetano comunque si muore: nell’ultimo decennio in Italia la stima è di 21 decessi all’anno. E nel 2014 sarebbero stati 22 se un neurologo del Policlinico di Milano non si fosse accorto in tempo che una 77enne, ricoverata per polmonite, stava in realtà covando un’infezione tetanica. Purtroppo un mese dopo averla salvata dalla terribile malattia, la donna non ha superato una sepsi dovuta ad altri batteri, ma si era liberata dal tetano che l’avrebbe portata via molto prima. Anche secondo l’Istituto Superiore di Sanità l’80% dei casi italiani riguarda over-68enni, soprattutto donne, che vengono ricoverate con questo tipo d’infezione da 1,4 a 1,7 volte in più dei maschi. La scelta di The Lancet sottolinea l’importanza che, in un’era di medicina super tecnologica, riveste ancora l’occhio clinico, la capacità di osservare il malato, cogliendo i segni di malattia.
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