Alimentazione? Attività fisica? Apnee notturne? E se la nostra insonnia non derivi da queste cause ma dalla genetica? È quello che si è chiesto Daniel Gottlieb della Harvard Medical School e direttore del Centro Disturbi del Sonno del Veterans Affairs Healthcare System di Boston, che ha firmato insieme ad altri esperti una ricerca pubblicata sulla rivista Molecular Psychiatry, secondo cui la durata complessiva del sonno potrebbe avere una componente ereditaria.
Lo studio. Dopo aver esaminato geni e abitudini di sonno in 47.180 americani di origine europea e 4.771 afro-americani, i ricercatori hanno identificato le due varianti collegate alla durata del sonno, una delle quali legata a circa tre minuti di sonno in più a notte, e hanno quindi passato in rassegna la letteratura scientifica su di esse. Gli individui in possesso di una delle due varianti individuate, oltre a dormire di più, hanno minori disturbi di ADHD e anche livelli di glucosio nel sangue mediamente inferiori. L’altra area del DNA identificata, quella collegata ad un sonno più breve, era stata già in precedenza associata a disturbi psichiatrici come rischio di depressione e schizofrenia. (continua dopo la foto)

Infatti, ricorda il ricercatore, alterazioni della durata del sonno sono connesse a condizioni come diabete, alta pressione e depressione. L’idea è quindi di indagare in che modo le varianti identificate sono legate a tali disturbi, perché ancora non è chiaro se agiscano unicamente sul sonno oppure se intervengano in modo diretto sia sul sonno che sulle condizioni associate ad una sua carenza.
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