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435mila italiani morti in 10 anni. Quell’abitudine che uccide

  • Salute

Nel 2016, più di 3 milioni di persone sono morte a causa di un vizio che è sempre più diffuso. Stiamo parlando del consumo pericoloso di alcol. A rivelarlo un report presentato oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un decesso su venti è dunque legato all’alcol e più di tre quarti dei morti sono uomini. L’ultimo report dell’Oms, il Global status report on alcohol and health 2018, offre un quadro completo del consumo di alcol e delle malattie ad esso attribuibili in tutto il mondo. E mette in luce anche le diverse strategie che i paesi stanno seguendo per affrontare questo problema.
I dati in Italia sono preoccupanti: in soli 10 anni 435 mila persone sono morte per malattie, incidenti, omicidi e suicidi legati a questa bevanda che, però, viene generalmente considerata innocua.

Questi dati preoccupanti arrivano direttamente dall’“Indagine sull’alcolismo in Italia. Tre percorsi di ricerca”, realizzata nell’ambito delle attività previste dall’Osservatorio permanente Eurispes-Enpam su “Salute, previdenza e legalità”. Più del fumo, più delle droghe sintetiche e più della cocaina. Più di tutte queste, inoltre, crea dipendenza. Un fenomeno che appare in ascesa. Il primo bicchiere, per oltre la metà dei giovani, è stato bevuto tra gli 11 e i 14 anni. Oltre 6 italiani su 10 mettono l’alcol in relazione alla convivialità, al relax, al piacere e alla spensieratezza (63,4%); solo un quarto, al contrario, lo associa a concetti negativi, come la fuga dai problemi, la perdita di controllo e il pericolo (25,6%). (Continua a leggere dopo la foto)



La ricerca Eurispes Enpam comprende tre indagini campionarie, la prima attraverso la somministrazione di un questionario a 1.106 cittadini, la seconda si articola sull’analisi di 2.259 questionari validi, compilati da ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori, la terza rivolta invece è rivolta ai medici: 1000 questionari loro sottoposti e 507 considerati validi. Ciascuno dei tre percorsi di ricerca disegna un quadro completo di come sono cambiate le abitudini del “bere” nel nostro Paese e di quanto diffuso e radicato sia il fenomeno fra i giovani. Sebbene il tema dell’alcolismo venga percepito dai cittadini italiani maggiorenni come problema sociale in modo meno netto rispetto a trent’anni fa (oggi lo ritiene un problema rilevante il 35,4% rispetto al 66% del 1984, anno della prima indagine Eurispes), emergono però frequenti eccessi nel consumo. (Continua a leggere dopo la foto)

Alla metà degli intervistati capita, infatti, di eccedere con l’alcol, anche se “qualche volta” (47,7%), ovvero il 14% in più rispetto al 2010 (22esimo Rapporto Italia, Eurispes). E lo si fa per diverse ragioni: il 28% per “piacere” (nel 2010 la quota era del 49,4%), un quarto per “stare meglio con gli altri” (il 12,1% in più rispetto al 2010), il 23,7% per “rilassarsi” (l’8,8% in più rispetto al 2010), il 9,2% per “affrontare una situazione complicata” (contro il 2,6%), il 2,2% per “reagire a un insuccesso” (contro l’1,2%). In generale, emerge una scarsissima correlazione tra emarginazione sociale e alcolismo e, anzi, per oltre 7 medici su 10, le motivazioni di chi ha dipendenza da alcol non sono legate a problemi o disagi, ma piuttosto ad una ricerca di divertimento e di “sballo”. (Continua a leggere dopo la foto)

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Tra gli aspetti più critici, il rapporto tra alcol e guida. Il 40% degli intervistati maggiorenni ammette di essersi messo alla guida dopo aver bevuto in modo eccessivo, a cui si aggiunge un decimo dei giovanissimi. Più di 8 italiani su 10 ritengono che lo Stato abbia fatto poco per contrastare il fenomeno dell’alcolismo (84,1%); tuttavia, una maggioranza non schiacciante (60%) si dice favorevole ad una regolamentazione del consumo, a fronte di numerose voci contrarie. Si riduce l’età del primo bicchiere: come dicevamo, oltre la metà dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni lo ha bevuto tra gli 11 e i 14 anni (52,8%), e la maggioranza netta degli adolescenti tra gli 11 e i 19 anni beve alcolici: oltre la metà lo fa “qualche volta” (51,6%), l’8,2% “spesso”. In particolare, tra i 15-19enni la percentuale di chi beve “qualche volta” sale al 65% e solo 2 su 10 sono astemi.

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