Si avvicina il 13 dicembre, giorno in cui scatterà l’obbligo per la ristorazione italiana di informare i propri clienti, fra cui si nascondono milioni di allergici, con una black-list degli allergeni eventualmente presenti nel piatto, ma non è ancora chiaro come andrà a finire. Sull’apposito regolamento comunitario (il n.ro 1169 del 2011) circa le etichettature degli alimenti, il braccio di ferro a distanza fra le associazioni che rappresentano gli allergici e quelle che difendono gli interessi degli esercenti è già iniziato. Da un lato la lettera indirizzata da Federasma al premier Renzi e ai ministri alla Salute Lorenzin e allo Sviluppo economico Guidi perché “non accolgano la richiesta di Fipe Confcommercio di prorogare l’entrata in vigore della normativa e di stabilire che gli esercenti possano comunicare a voce e non per iscritto la presenza di allergeni”. Dall’altro lato 110mila ristoranti e pizzerie con il fiato sospeso in attesa del verdetto finale sui chiarimenti richiesti: “Entro il 13 dicembre è in programma un altro tavolo tecnico al ministero dello Sviluppo economico”, quello decisivo, fanno sapere dalla Fipe. In mezzo il governo, che dovrà dare una risposta a breve. Il dubbio (e le diverse posizioni) riguardano il modo con cui comunicare con i clienti: la forma scritta viene vista come il mezzo ideale per garantire i cittadini e gli operatori stessi, indipendentemente dal fatto che la comunicazione sugli allergeni avvenga attraverso un registro, un cartello, lavagne elettroniche, manuali consultabili dai clienti. La volontà è comunque quella di cominciare a muovere i primi passi per sensibilizzare tutti sul problema allergie e dare una mano a chi ne è affetto e “vive nel terrore”, pur comprendendo le difficoltà per gli operatori legate alla traduzione pratica della norma.
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Nella lista (aggiornabile) degli allergeni alimentari, cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte e prodotti derivati incluso lattosio, frutta a guscio (mandorle, nocciole, noci e così via), sedano, senape, semi di sesamo, anidride solforosa e solfiti, lupini e molluschi. Una via, spiegano sempre i tecnici, potrebbe essere quella di indicare per ogni voce i piatti che contengono o possono contenere l’allergene in questione. Per Federasma, “grazie all’attuazione diretta della norma europea che rende obbligatoria l’indicazione della presenza di allergeni nei cibi anche per la ristorazione collettiva (ristoranti, mense, bar e così via), le persone con allergie alimentari saranno certamente più protette”. Va tenuto presente che i bambini affetti sono circa il 5%, mentre si stima che gli adulti siano l’1-2%, percentuali che gli studi scientifici danno in continuo aumento, ricorda l’associazione.
Federasma definisce il contenuto del regolamento europeo “una norma di civiltà che l’Italia accoglierà con favore e che contribuirà a scongiurare il pericolo, sempre molto concreto, di crisi anafilattiche con esiti fatali”. L’associazione dà la disponibilità a collaborare con i rappresentanti del mondo della ristorazione. Ma non prescinde sulla modalità scritta per la black-list degli ingredienti pericolosi per gli allergici, “un’opportunità per mostrare trasparenza e serietà” che esalterà “l’ottima qualità dell’offerta italiana”. Gli esercenti, pur dicendosi “consapevoli dell’importanza di dare ai consumatori tutte le informazioni utili a garantirne la sicurezza alimentare”, esprimono preoccupazione per i nodi da affrontare in vista dell’imminente entrata in vigore della normativa. “Per un modello di ristorazione come quello italiano che fa della varietà e della non ripetitività dei piatti la propria ricchezza – scrive Fipe Confcommercio in una nota – sarebbe improponibile l’imposizione di gestire solo per iscritto la comunicazione ai clienti, che si tratti di indicarlo nel menu, in un registro, in un cartello o tramite altro sistema equivalente”.
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