La patata appartiene al vasto genere solanum che comprende un grande varietà di piante utilizzate dall’uomo per la propria alimentazione. In questo gruppo troviamo infatti verdure a noi familiari come il pomodoro e la melanzana. Le patate possono acquistare un colore verde dato dalla clorofilla presente al loro interno. Il processo è definito con il termine inglese “greening” ed è indotto dalla luce solare. Ovviamente la clorofilla non è velenosa, ma il suo accumulo all’interno della patata indica la presenza di un’altra sostanza presente nelle cellule del tubero e la cui sintesi può essere stimolata dalla luce: la solanina. Questo processo rende le patate tossiche e a spiegarlo è il chimico Dario Bressanini sul suo blog.
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“Le patate contengono alcune sostanze tossiche naturali della famiglia dei glicoalcaloidi. In particolare nelle patate commerciali sono presenti la α-solanina e la α-caconina, spesso collettivamente chiamate solanine. L’esposizione alla luce – si legge nel blog – ha come effetto secondario di aumentare la concentrazione di queste sostanze. In piccole quantità contribuiscono a costruire il sapore, blando, della patata. In quantità superiori rendono la patata amara mentre in quantità elevate possono causare problemi di salute ai consumatori. In letteratura sono anche riportati casi di avvelenamento da patate verdi con esito fatale, anche se non in anni recenti. La sintesi della clorofilla e dei glicoalcaloidi avviene con l’esposizione alla luce, ma sono due processi chimici indipendenti. Il consumo di patate verdi però viene sconsigliato perché potrebbe essere un indice di una elevata concentrazione di glicoalcaloidi. Sono stati effettuati degli studi – spiega il chimico – per verificare la possibilità di stimare il contenuto di sostanze tossiche in base al colore della buccia. I livelli di glicoalcaloidi presenti dipendono dalla varietà di patate, e anche se ad una colorazione più verdognola corrisponde una concentrazione più elevata di sostanze tossiche, la relazione non sempre è lineare. Con lunghe esposizioni alla luce, fino a 10 giorni, il livello di glicoalcaloidi contenuti nella buccia e nella zona immediatamente sotto ha spesso raggiunto e superato i livelli di sicurezza raccomandati dall’ Oms/Fao (cosa probabilmente successa anche nelle mie patate). La buona notizia è che nella polpa invece, nonostante l’esposizione, i livelli di sicurezza – conclude Bressanini – non sono mai stati superati e sono sempre rimasti a valori molto più bassi di quelli consigliati“.