Era seduto in seconda fila, dove tutti potevano vederlo. Stava appena dietro al gotha (presente e passato) del Pirellone: il presidente Roberto Maroni e il suo predecessore Roberto Formigoni. Al convegno accusato di omofobia che la Regione Lombardia ha organizzato insieme ad Alleanza Cattolica e Fondazione Tempi in difesa della “famiglia tradizionale” c’era anche lui, don Mauro Inzoli. Chi è? No, non un parroco qualunque. Lui è il prete accusato di pedofilia e obbligato dallo stesso Vaticano a ritirarsi a vita privata. La denuncia è arrivata all’indomani del convegno dal senatore di Sinistra ecologia e libertà (Sel) Franco Bordo e dal sindaco di Crema, Stefania Bonaldi, la città nella quale il prete ha retto una parrocchia fino al 2010.
Il forum era già stato oggetto di roventi polemiche, visto che la Regione lo aveva organizzato insieme con un’associazione (Obiettivo Chaire) che si propone di “curare” i gay. Ma la presenza del prete accusato di pedofilia ha scatenato un vero caso da cui ora tutti corrono a prendere le distanze (Maroni per primo).
Nel memoriale difensivo che don Inzoli ha fatto avere ai giornalisti dalla sorella, il 64enne rivendica “il diritto” ad andare dove vuole essendo “libero di farlo”, racconta che era a conoscenza da tempo del convegno e subito s’era ripromesso di parteciparvi. Chiarisce, poi, che non si è imbucato ma si è registrato come chiunque altro. Inoltre, ritiene che tutta questa storia sia “una questione di vita e di morte” come invece “sembra che sia diventata”. Nulla cambia invece per le accuse di abusi che gli sono state mosse (ex punto di riferimento” di Comunione e Liberazione, già “espulso” da papa Francesco per abusi sessuali sui minori): lui s’appella al “giudizio divino”, il resto “passerà”.
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