Qui a Platì il 31 maggio non si voterà. Tutti hanno paura della ndrangheta, e quindi di candidarsi, tranne una: Anna Rita Leonardi. Negli anni ’80 un sindaco ed un ex sindaco vennero freddati a bruciapelo. Negli ultimi dodici anni le tre amministrazioni che si sono succedute sono state commissariate per collusione con la mafia. Ci si è riprovato il 26 maggio 2014. Elezioni nulle, perché l’unica lista che si presentò venne votata dal 24% degli abitanti. Niente quorum del 50%, e voto dichiarato nullo.
A distanza di un anno nessuno ha avuto il coraggio di presentarsi. “A Platì le cosche non hanno nessun interesse economico. Ci sono due bar, un supermarket, forse una farmacia. Non è che ci puoi fare soldi. Il punto è che paesi come Platì sono la casa degli ndranghetisti. È casa loro, ci sono nati e cresciuti. E a casa loro non può governare nessuno”, dice all’Huffington Post Anna Rita Leonardi, che non abita a Platì, e nemmeno ci è cresciuta. Ma che domani proporrà la sua candidatura a sindaco. Nelle fila del Partito democratico.
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La Leonardi è dirigente del Pd calabrese, membro del direttivo di Reggio Calabria. E ha deciso di metterci la faccia, scendendo in campo in prima linea. Nella sala della parrocchia del paese lancerà la sfida al clan Barbaro e alle altre famiglie che dettano legge nella Locride. “Chiederò che si tengano elezioni straordinarie. Porterò la richiesta formale al governo di Matteo Renzi, tramite Luca Lotti o il sottosegretario Ivan Scalfarotto. Vogliamo farlo coinvolgendo la città, aiutando – conclude – a combattere l’omertà e il timore che da queste parti vince sempre”.
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