Su Silvia Romano si è detto tutto e niente. Tanto si è ipotizzato, ma di certo si sa davvero pochissimo, soprattutto in fatto di riscatto. È stato pagato? E quanto? In tanti si stanno chiedendo a quanto ammonta: politici, leoni da tastiera e normali lettori. Secondo recenti indiscrezioni pubblicate su La Stampa, parliamo di 1,5 milioni – e non a 4 milioni, come fatto trapelare in precedenza da alcune indiscrezioni – il riscatto finale effettivamente pagato per la liberazione di Silvia Romano, la venticinquenne cooperante milanese rapita in Kenya 18 mesi fa e rientrata ieri in Italia.
Anche se è probabile che altre quote siano state versate – nel corso della lunga detenzione della giovane – ad intermediari che hanno facilitato i contatti con i suoi sequestratori. Questo almeno è quanto trapelato dai servizi segreti somali, mentre il Governo italiano nega qualsiasi transazione. La ragazza, riportata in Italia con un volo militare diretto da Mogadiscio, atterrato ieri pomeriggio a Ciampino è stata ascoltata per circa quattro ore nella caserma dei Ros di via Salaria dal pm di Roma Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo aperto a piazzale Clodio per sequestro di persona per finalità di terrorismo. (Continua a leggere dopo la foto)
La cooperante che collaborava con la onlus marchigiana “Africa Milele” era stata rapita il 20 novembre 2018, da un commando di uomini armati nel villaggio di Chakama, a circa 80 chilometri a ovest di Malindi, in Kenya, mentre seguiva un progetto di sostegno all’infanzia. L’interrogatorio è servito a fissare le tappe principali della lunga detenzione della giovane volontaria, sequestrata da una élite del gruppo terrorista somalo Al Shabab, affiliato ad Al Qaeda, e successivamente gestita come se fosse un ostaggio politico, trasferita da un gruppo all’altro di terroristi. (Continua a leggere dopo la foto)
Da quanto emerso nel corso del colloquio col magistrato la giovane – che subito dopo il rapimento era stata trasferita subito in Somalia – dovrebbe aver trascorso i 18 mesi del sequestro in almeno 6 covi diversi, essendo stata spostata ogni tre mesi dai terroristi che la tenevano in ostaggio, con trasferimenti che prevedevano ogni volta lunghi percorsi a piedi. (Continua a leggere dopo la foto)
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Bulo Fulay, Harardhere, Janale alcune delle località dove sarebbe stata tenuta prigioniera: in particolare ci sono prove che la volontaria sia stata nascosta a lungo proprio a Janale, da ottobre 2019 allo scorso marzo. Altre tracce la collocherebbero a fine aprile, insieme ad altri ostaggi, in una zona conosciuta come la Foresta degli elefanti, controllata dai miliziani jihadisti. Per quanto riguarda la liberazione – avvenuta nella notte tra venerdì e sabato – Silvia Romano sarebbe stata accompagnata fuori dalla foresta, a una trentina di chilometri da Mogadiscio, dove è scattato il blitz turco-somalo che ha portato alla sua liberazione.
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