Dietro il fatale inchino della Concordia al Giglio c’era la volontà di prendere “tre piccioni con una fava”. Parole di chi lo ordinò, il comandante Francesco Schettino, interrogato oggi a Grosseto durante il processo per il naufragio. I primi due piccioni, ha detto, erano fare un omaggio a Mario Palombo, comandante in pensione che spesso risiede sull’isola, ed esaudire la richiesta del mai-tre gigliese Antonello Tievoli. Il terzo era che “l’avvicinamento all’isola favorisce l’aspetto commerciale”. “Così – ha spiegato – la gente da terra poteva fare le foto e i passeggeri potevano vedere l’isola. Dei francesi me lo chiesero anche a cena”.
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In passato Schettino aveva già fatto l’inchino al Giglio “un paio di volte” e la sera del naufragio approvò personalmente la rotta e vide la mappa su cui era stata tracciata. Con lui, al momento dell’impatto, in plancia di comando c’era anche la hostess e ballerina moldava Domnica Cemortan, “ma l’inchino non l’ho fatto per lei” ha precisato il comandante. Quanto alla presenza di passeggeri in plancia, “l’accesso non era regolamentato. I passeggeri potevano fare anche i tour, con 50-60 euro. Io non volevo più di 12 persone – invece mi volevano portare 40-50 persone – e far fare i tour quando la nave era in porto. Ma per i passeggeri non era sufficientemente attrattiva”.