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“Quella non è Liliana”. Caso Resinovich, il video e la scoperta dell’esperta: “Cosa ho visto nel filmato”

  • Italia
"Ecco cosa ho visto nei video". Lo studio condotto dall'analista forense Sara Capoccitti

Le immagini di videosorveglianza che la procura ritiene possano mostrare l’ultimo percorso di Liliana Resinovich prima della sua scomparsa, avvenuta la mattina del 14 dicembre 2021 a Trieste, continuano a sollevare dubbi e alimentare il mistero attorno a una delle vicende giudiziarie più controverse degli ultimi anni. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, una figura femminile viene ripresa mentre getta la raccolta differenziata nei cassonetti di via San Cilino, poi mentre passa davanti alla scuola di polizia in via Chiesa e infine mentre attraversa sulle strisce pedonali in piazzale Gioberti. Sarebbe proprio questo, secondo gli investigatori, l’ultimo tragitto compiuto da Lilly, prima di sparire nel nulla.

A rimettere tutto in discussione è però l’analisi condotta da Sara Capoccitti, criminalista e analista forense di lungo corso, fondatrice del progetto Forensically, che ha lavorato sul caso in collaborazione con Luca Macerola della Leica, multinazionale specializzata in tecnologie di imaging e rilevamento. In un’intervista rilasciata a Il Giornale, Capoccitti ha affermato con fermezza: “Non c’è certezza scientifica per affermare che quella sia Liliana Resinovich”. Parole che gettano ombre pesanti sulle certezze acquisite dalla procura, che finora ha sostenuto che quelle riprese video documentino l’ultima apparizione della donna in vita.

"Ecco cosa ho visto nei video". Lo studio condotto dall'analista forense Sara Capoccitti


“Ecco cosa ho visto nei video”. Lo studio condotto dall’analista forense Sara Capoccitti

L’esperta è stata intervistata anche da LaPresse e anche in questo caso ha spiegato che non c’è certezza scientifica per affermare che quella donna sia Liliana Resinovich. Capoccitti ha spiegato all’agenzia LaPresse di aver costruito un modello digitale dettagliato dei luoghi monitorati dalle videocamere, successivamente reso navigabile tramite un software avanzato. L’obiettivo, ha spiegato, è valutare con rigore scientifico se l’immagine immortalata dalle telecamere sia davvero quella della donna scomparsa.

Uno degli elementi chiave dell’analisi riguarda i limiti tecnologici delle telecamere installate in piazzale Gioberti, una delle zone in cui la procura sostiene di aver individuato Resinovich. Capoccitti ha sottolineato come l’immagine qui disponibile sia costituita da appena una cinquantina di pixel, rendendo impossibile un riconoscimento certo, soprattutto considerando che il volto della donna è in gran parte coperto da mascherina e scaldacollo. “Non è possibile esaminare i parametri biometrici del viso”, ha detto, aggiungendo che per compensare queste lacune, il team sta analizzando video privati in cui la donna compariva a scopo ludico, per studiarne il pattern motorio e confrontarlo con quello della figura ripresa dalle videocamere.

"Ecco cosa ho visto nei video". Lo studio condotto dall'analista forense Sara Capoccitti

Ulteriori incongruenze emergono dal confronto tra la donna dei filmati e Liliana Resinovich. Secondo le misurazioni effettuate in via Damiano Chiesa, la donna ripresa sarebbe alta circa 156,6 centimetri, mentre il marito della vittima ha dichiarato un’altezza di un metro e mezzo. Inoltre, l’abbigliamento non coincide: i pantaloni sembrano di un colore più chiaro rispetto a quelli trovati addosso al cadavere; la borsa ha dimensioni e forma diverse; e lo scaldacollo nero ben visibile nei video non è mai stato ritrovato. Tutti elementi che mettono in dubbio l’identificazione sostenuta finora dalla procura.

Un ulteriore punto critico sollevato da Capoccitti riguarda il comportamento ritenuto anomalo di Liliana la mattina della scomparsa. Secondo quanto riferito dall’amante Claudio Sterpin, la donna avrebbe detto di voler andare in un negozio Wind per cambiare il telefono. Tuttavia, risulta che sia uscita di casa senza portare con sé i due cellulari, il portafoglio, i documenti e soprattutto senza entrambe le chiavi necessarie per chiudere le due serrature della porta di casa. Eppure, sempre secondo quanto dichiarato dal marito Sebastiano Visintin, all’epoca dei fatti unico indagato per omicidio, la porta era stata trovata chiusa a doppia mandata.

Sebastiano Visintin, chi è il marito di Liliana Resinovich

Questo insieme di discrepanze e interrogativi rende ancora più complessa una vicenda che già si presentava oscura e piena di lacune. Le immagini che dovevano rappresentare l’ultima traccia visiva di Liliana potrebbero in realtà non ritrarla affatto. Se così fosse, l’intero impianto investigativo della procura rischierebbe di perdere uno dei suoi elementi più solidi, lasciando ancora irrisolti i dubbi su dove si trovasse davvero la donna il 14 dicembre 2021, e cosa sia accaduto tra il momento della sua scomparsa e il macabro ritrovamento del corpo nel boschetto dell’ex ospedale psichiatrico.

Nel frattempo, il lavoro degli esperti forensi prosegue, in attesa che gli inquirenti decidano se condividere ulteriori segmenti video utili alle analisi comparative. Il caso Resinovich continua a dividere opinione pubblica e investigatori, e la ricerca della verità appare ancora lunga e irta di ostacoli.


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