Una storia che ha dell’assurdo. O meglio, dell’orribile. Tutto emerge da una operazione della Polizia di Stato e della Guardia di finanza di Cosenza per l’esecuzione di sette misure cautelari nell’ambito di un’indagine su una serie di presunte truffe ad alcune compagnie di assicurazione per falsi incidenti stradali. In un caso gli indagati avrebbero ottenuto un risarcimento molto elevato provocando un incidente mettendo in atto un gesto difficile da commentare. Nella dinamica spiegata all’assicurazione una donna incinta si dichiarava ferita e, a causa dell’incidente, perdeva il bambino. Ma, secondo l’accusa, la morte del nascituro è stata provocata deliberatamente. Ai soli fini di ottenere un risarcimento elevato, insomma. Delle sette persone coinvolte nell’ambito dell’operazione quattro sono state poste agli arresti domiciliari, due hanno ricevuto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e un’altra, che è un avvocato, la sospensione dalla professione forense. Agli indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di omicidio volontario, falso ideologico e materiale in atto pubblico, corruzione, peculato, frode e truffa ai danni dello Stato. Ma al di là dell’aspetto giudiziario, l’accusa più infamante resta, giustamente, quella di avere tolto la vita a un nascituro solo “per fare cassa”. Ora la Polstrada di Cosenza sta cercando, come riporta La Stampa, sta cercando di ricostruire il profilo di Stefania Russo. La donna, infatti, viene descritta da i conoscenti come una persona normale e cordiale. Nessun precedente da segnalare, o qualche accaduto che potesse far dubitare di lei. Faceva la casalinga e ha un’altra figlia di 12 anni, con cui andava spesso a fare la spesa al supermercato in compagnia anche dell’amica Nunziatina Falcone. La stessa donna che accompagnò Stefania in ospedale dopo l’incidente. Una donna normale, di quelle che si incontrano per strada tutti i giorni, che nascondeva una personalità inquietante, e che ha messo in pratica questo terribile gesto.
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