Si torna a parlare di Massimo Bossetti per nuove indiscrezioni che arrivano, negli atti, dal carcer. “Confessa, così puoi avere uno sconto di pena. Altrimenti rischi l’ergastolo”. Consigli, o forse provocazioni, di questo tenore da parte di altri detenuti all’unico indagato per l’omicidio di Yara Gambirasio. E nelle carte della procura ci sono anche le risposte che il carpentiere di Mapello avrebbe dato: “Rischierò l’ergastolo, ma non confesso per il bene della mia famiglia”. In carcere erano state piazzate delle cimici (scoperte da altri detenuti) ed è stata annotata dai magistrati ogni sua azione e parola, compreso il modo di affrontare i nuovi indizi contro di lui che gli ha raccontato ogni volta il suo avvocato, Claudio Salvagni. È il legale, il suo ponte con il mondo esterno. Ed è lui che dice: “Non confessa, perché non ha fatto nulla. Non crolla, perché vuole dimostrare la sua innocenza”.
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Alla luce delle parole della difesa resta dunque da capire cosa significhi quel “non confesso per la mia famiglia”. Ed è proprio ciò che il pm intende approfondire a dibattimento insieme agli altri elementi – più solidi – che costituiscono il cuore dell’indagine, cioè quegli accertamenti scientifici e tecnici che sembrano dare torto a Bossetti, a cominciare dal dna e dalle tracce di parti del suo furgone sugli abiti della piccola Yara.
Caso Yara, svolta definitiva: ecco la prova “regina” che incastra Bossetti