A sette mesi dal ritrovamento del corpo chiusa in due trolley vicino a Macerata, avvenuto il 30 gennaio 2018, Innocent Oseghale ha ammesso oggi di aver smembrato il corpo di Pamela Mastropietro, la 18enne romana scappata da una comunità di recupero marchigiana. Il sacco per nascondere il corpo era troppo piccolo e così ha deciso di fare a pezzi il suo corpo. “Ho fatto a pezzi Pamela, che è morta per un malore in casa mia dopo aver assunto droga“, ha detto il 29enne nigeriano accusato di omicidio, vilipendio e distruzione di cadavere. La confessione è arrivata ai magistrati della procura di Macerata, che lo hanno interrogato nuovamente nel carcere di Marino del Tronto. A giugno scorso erano arrivati i risultati delle perizie dei Ris e delle celle telefoniche che portarono il gip di Macerata Giovanni Maria Manzoni a revocare la custodia cautelare nei confronti di Lucky Awelima e Desmond Lucky, i due nigeriani accusati insieme ad Oseghale. (Continua a leggere dopo la foto)
Innocent Oseghale, come si legge sul profilo Facebook di ‘Quarto Grado’, ha chiarito i momenti trascorsi nel proprio appartamento in compagnia di Pamela Mastropietro. Il 29enne nigeriano, finito in carcere per la morte della ragazza romana fatta a pezzi e chiusa in due trolley abbandonati nella campagna di Macerata, è accusato di omicidio, violenza sessuale, vilipendio, distruzione soppressione o sottrazione di cadavere e occultamento. “Una volta a casa Pamela si è iniettata l’eroina e subito dopo si è sentita male’’, ha raccontato. (Continua a leggere dopo la foto)
‘’Ho chiesto aiuto a Antonhy, un mio amico, al telefono. Lui mi ha suggerito di gettarle sul corpo dell’acqua fredda e di chiamare l’ambulanza. Ho avuto paura. Lei non rispondeva più”, ha raccontato Oseghale, assistito dal suo avvocato Simone Matraxi, nel corso di un interrogatorio davanti al Procuratore capo di Macerata. “Sono uscito a fare delle consegne. Quando sono tornato lei era morta. Sono uscito a comprare un sacco per nascondere il corpo’’. (Continua a leggere dopo la foto)
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E ancora: ‘’Non ci sono riuscito perché il sacco era piccolo. Ho preso così la decisione di sezionare il corpo – ha continuato il 29enne, rigettando quindi l’accusa di omicidio e di violenza sessuale – Non l’avevo mai fatto prima. Ho nascosto i resti in due valigie e le ho portate con un taxi verso Sforzacosta ma ero al telefono e non mi sono accorto di aver superato il paese e così ho chiesto al tassista di lasciare le due valigie lungo il fossato. Temevo della reazione della mia compagna”.