Il Sacro Bosco (nome ufficiale di quello che è meglio conosciuto come “Parco dei Mostri”) è davvero un’opera unica al mondo. Nei dintorni di Bomarzo (Viterbo) Il Principe Orsini volle, nel sedicesimo secolo, costruirsi – “sol per sfogare il core”, disse – un giardino che fosse anche un’esperienza, un percorso fisico e mentale, piacere estetico ma anche viaggio esoterico e simbolico in “altre” dimensioni. E così, tra Sfingi e draghi, giganti ed elefanti, dèi e sirene, tartarughe giganti e bestie a tre teste, un mondo di pietra sembra prendere vita e condurre il visitatore oltre le leggi della logica e della fisica. Dopo aver suscitato la meraviglia dei suoi contemporanei (in molti lasciarono “epigrafi e versi” incisi nel parco) in una stagione in cui la cultura italiana fioriva in tutta Europa, il Sacro Bosco finì poi nell’oblio, e le sue creature smisero di parlare. È solo agli inizi del Ventesimo secolo che il parco fu riscoperto, restaurato e aperto al pubblico. Da allora, non smette di raccontare le sue storie.