“Ai fantasmi dell’attentato del turco Ali Agca contro Giovanni Paolo II nel maggio del 1981 proprio in piazza San Pietro, tra la folla, si somma lo spettro di un’azione eversiva del fondamentalismo islamico”, così Massimo Franco sul Corriere della Sera di oggi in un articolo che spiega tutti i rischi di Papa Francesco. “Nell’agosto del 2014, di ritorno dal suo viaggio in Corea del Sud – svela il vaticanista – papa Francesco voleva fare tappa in Kurdistan, un’area incorniciata tra Siria, Turchia, Iraq e Iran. Aveva intenzione di lanciare anche da lì il suo appello a favore dei cristiani del Medio Oriente massacrati dai fondamentalisti islamici. Ma i servizi segreti lo hanno fermato, elencandogli i pericoli che il cambio di programma avrebbe rappresentato”.
E ancora: “Non è un papa molto gestibile, sebbene si sia abituato a convivere con gli imperativi della prevenzione, e ad accettarli. Sembra perfino che i suoi collaboratori a volte scherzino con lui sulle minacce di morte. ‘Santo Padre, ancora non l’hanno ammazzata oggi?’, lo apostrofano superando il timore reverenziale che pure incute. ‘Jorge, ti proteggono abbastanza?’, gli gridano i connazionali alle udienze, sotto gli occhi inquieti degli agenti in borghese con l’auricolare, disposti strategicamente a distanza intorno a lui anche sul sagrato di piazza San Pietro. Il pontefice ha imposto un modello di religiosità che significa distruzione di qualunque diaframma tra il papa-re ed i suoi sudditi: uno stile che lo ha reso un mito delle folle, e un obiettivo terroristico potenzialmente facile”.
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