Campbell, un ragazzino australiano, ha solo 11 anni ma già ha attraversato una crisi di identità, la più impegnativa che la vita possa offrire. Già a dieci anni avvertiva che c’era qualcosa in lui che non andava, fino a rendersene conto: “Mamma, papà: voglio morire perché sono nata in un corpo sbagliato”. Campbell non si sentiva un ragazzino, ma una ragazza rinchiusa nel corpo con le fattezze maschili. Una confessione difficile. E i suoi genitori hanno deciso che se voleva, poteva cambiare sesso. Adesso si fa chiamare Isabelle e ha iniziato il percorso che la porterà a essere una donna, dentro e fuori. Intanto, la sua storia è diventata un documentario andato in onda sull’emittente americana Abc. Una scelta coraggiosa e difficile, sia per il ragazizno che per i suoi genitori che, tuttavia, la sostengono: “Abbiamo voluto raccontare la sua storia per informare. Se il tuo modo di essere ti rende infelice per tutta la vita, quello che noi possiamo fare e cercare di cambiarlo”. Un caso, sicuramente limite, che è servito alla Abc per un approfondimento su questo fenomeno, che da poco è venuto alla luce: i bambini e le bambine transgender. Secondo alcuni studi, i piccoli che si presentano nelle cliniche chiedere di cominciare quel percorso che porta al cambio di sesso sono in aumento. Alcuni di loro hanno, prima di prendere questa decisione, manifestato episodi di autolesionismo e tentato il suicidio. Un dramma psicologico per i ragazzini interessati, un dilemma per i genitori chiamati a prendere decisioni irreversibili.
Entrambi i genitori cambiano identità: mamma e papà si invertono. Un caso limite?