Ai microfoni di Ore 14, la trasmissione in onda su Rai 2 condotta da Milo Infante, la cugina di Liliana Resinovich, Silvia Radin, ha raccontato tutte la sua delusione per una verità che non reputa tale. Sono parole nette quella della Radin, destinate a sollevare un polverone. “Sulle lesioni non prese in considerazione sul corpo di Liliana, in particolare una vertebra rotta, noi non abbiamo ancora niente di ufficiale da parte della dottoressa Cristina Cattaneo”, racconta.
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“Se la notizia fosse vera, prima di tutto ci addolora ancora di più perché vuol dire che Liliana ha sofferto tantissimo prima di morire. E poi ci ha fatto arrabbiare, perché questo doveva venire fuori già con la prima tac, non dopo tutti questi mesi e anni attraverso gli esami della dottoressa Cattaneo che io ammiro”.
Liliana Resinovich, la rabbia della cugina Silvia: “Non è suicidio”
“Perché sono convinta che lei ha guardato proprio osso per osso quindi insieme agli altri nostri consulenti si arriverà finalmente alla verità. Il fatto che è morta il 14 dicembre – ha continuato Silvia Radin – noi l’abbiamo sempre pensato, perché ventun giorni nel bosco non avrebbe potuto rimanere ed essere trovata intatta, non aggredita da nessun tipo di animale e con i vestiti puliti”.
“Ci abbiamo messo tanto, ma ci siamo arrivati. I nostri consulenti ci stanno arrivando e probabilmente arriveranno anche ad altre notizie. La cosa che ci fa arrabbiare di più è che non siamo stati ascoltati all’inizio, siamo stati insultati quando noi conoscendo Liliana sapevamo che questo suicidio non poteva essere fatto da lei, ma che è stato confezionato”, ha concluso.
Fin dal ritrovamento del corpo, tanti i punti oscuri erano emersi. La donna di 63 anni, com’è noto, è stata trovata morta a Trieste il 5 gennaio del 2022. Il corpo nei pressi l’ex ospedale psichiatrico. A non essere d’accordo l’ipotesi del suicidio anche il giudice delle indagini preliminari di Trieste, Dainotti. Secondo l’uomo, la donna non sarebbe morta per un suo gesto insano.