Liliana Resinovich, il caso sulla donna trovata senza vita nel gennaio scorso a a Trieste nei pressi di un boschetto del parco dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni è ancora un mistero. Liliana Resinovich era sparita nel nulla a dicembre 2021, poco prima dell’arrivo del Natale.
Qualche settimana fa è stato accertato che sul cordino che era stato stretto intorno ai sacchetti in cui è stata messa la testa della 63enne era presente del Dna di lei mescolato a uno maschile. Ed è stato deciso di prelevare dei campioni dal marito Sebastiano e dall’amico Claudio per cercare di capire se possano uscir fuori maggiori indicazioni.

Liliana Resinovich, il risultato del dna trovato sul cordino
L’esame tossicologico sul cadavere della donna, deciso dalla procura di Trieste, ha stabilito che la vittima “non ha assunto sostanze xenobiotiche, droghe e farmaci, che possano aver cagionato il decesso. I test sono stati sia di tipo immunochimico su sangue e urine e sia di tipo cromatografico in spettrometria di massa tandem per tutte le altre matrici biologiche. Le analisi tossicologiche immunochimiche di screening hanno quindi dato esito negativo”.

Ora è arrivato l’analisi scientifica della traccia biologica maschile trovata sul cordino ha dato esito negativo. Come riporta il Corriere della Sera, il Dna non è né del marito Sebastiano, né dell’amico Claudio, né del vicino di casa Salvatore. I tre uomini, secondo il dna trovato sul cordino, al momento sono scagionati dall’accusa di omicidio di Liliana Resinovich.


Secondo la polizia scientifica nessuno dei tre ha toccato il cordino che potrebbe aver soffocato Liliana Resinovich. Un vero colpo di scena, visto che le indagini si erano concentrare sul dna e sui tre uomini che gravitavano intorno alla donna. Si fa strada allora un’altra pista, quella del suicidio.