Un ponte che crolla in una sera di pioggia, una macchina che scompare trascinata dalla corrente, una famiglia distrutta in pochi istanti. È il tragico scenario che si è consumato giovedì sera a Valdagno, in provincia di Vicenza, dove Leone Nardon, 64 anni, e suo figlio Francesco, 21, hanno perso la vita dopo che la loro Fiat Ulysse è precipitata nel torrente Agno, in piena a causa di una violenta ondata di maltempo. I due stavano attraversando il Ponte dei Nori, che ha ceduto sotto la forza dell’acqua, trasformando un normale rientro a casa in una tragedia che ha sconvolto l’intera comunità.
L’allarme è scattato quando la moglie di Leone, non vedendo rientrare il marito e il figlio, ha avvertito i soccorsi. Solo più tardi, grazie all’analisi dei filmati delle telecamere comunali, i soccorritori hanno avuto conferma dell’accaduto: un video mostra chiaramente il momento in cui l’auto viene inghiottita nel vuoto, nel punto in cui il ponte aveva ceduto. La procura di Vicenza ha immediatamente aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo e ha disposto il sequestro sia del manufatto che dei filmati di videosorveglianza. Al momento, però, non risultano indagati.

Leone e Francesco Nardon, i due ingegneri padre e figlio inghiottiti dalla voragine
Quella tra Leone e Francesco era una relazione fatta non solo di affetto padre-figlio, ma anche di condivisione di passioni e impegni professionali. Leone, imprenditore esperto e apprezzato, era titolare di due aziende nel settore tecnologico: la Sitec, con sede proprio a Valdagno, e la Expert, a San Martino Buon Albergo. Francesco, dopo essersi diplomato all’istituto tecnico, si era iscritto alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Modena, e stava svolgendo uno stage proprio nell’azienda paterna. Oltre agli studi e al lavoro, coltivava un’altra passione: la musica. Suonava nella banda del paese, portando con sé entusiasmo e dedizione, qualità che lo avevano reso amato da tutti.

Eppure, c’è un dettaglio che aggiunge un ulteriore strato di dolore e amarezza a questa tragedia. Come riportato da Il Corriere della Sera, Leone Nardon era impegnato nello sviluppo di un’innovativa tecnologia destinata al monitoraggio ambientale e strutturale, pensata proprio per prevenire crolli e disastri causati da eventi climatici estremi. Il suo lavoro, volto a salvaguardare ponti e infrastrutture come quella che lo ha ucciso, è stato tragicamente beffato dalla realtà. “Forse volevano dare un’occhiata alla piena”, ha ipotizzato un dipendente dell’azienda, sottolineando come la loro presenza sul ponte potesse essere legata alla volontà di osservare direttamente un fenomeno che li riguardava anche professionalmente.


La comunità di Valdagno si è stretta intorno alla famiglia, ancora incredula davanti a una tragedia che poteva forse essere evitata. In attesa che le indagini facciano piena luce su eventuali responsabilità, resta l’immagine di un padre e un figlio uniti fino alla fine, strappati alla vita mentre cercavano di costruire un futuro fatto di innovazione e sicurezza. Un futuro che adesso, per loro, si è drammaticamente interrotto.