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“La Kyenge sembra un orango”, ma il Senato dà ragione a Calderoli: “Non è istigazione al razzismo”

  • Italia

Roberto Calderoli non finirà in tribunale per istigazione al razzismo e diffamazione. Secondo i colleghi senatori, quindi, la sua battuta sull’ex ministro all’Integrazione Cecile Kyenge definita un orango non rappresenta un reato perseguibile. La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha infatti respinto, a maggioranza, la proposta di concedere l’autorizzazione a procedere contro il leghista Roberto Calderoli. La richiesta era stata avanzata dal grillino Vito Crimi. Che s’innervosisce e passa all’attacco: “Attraversiamo un periodo storico in cui l’attacco politico è sempre più forte, ma non è comunque tollerabile che si sconfini nell’odio razziale e nella discriminazione”. La questione dovrà ora essere sottoposta al voto dell’Aula. Relatore del caso sarà Lucio Malan, di Forza Italia.

Il 13 luglio 2013, durante un comizio a Treviglio, Calderoli definì la Kyenge “un orango”. La condotta del vicepresidente del Senato è insindacabile in quanto coperta dal primo comma dell’articolo 68 della Costituzione, in base al quale “i membri del parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. Lo Giunta delle immunità del Senato ha così respinto a maggioranza la proposta formulata da Crimi, secondo il quale l’esponente del Carroccio avrebbe dovuto essere processato. “Quando in un comizio pubblico si fanno dichiarazioni come quelle di Calderoli – ha tuonato il grillino – non ci sono scusanti che tengano, meno che mai quella di essere un senatore”.

 

Eppure a suo tempo Calderoli era stato condannato unanimemente da tutte le forze politiche: dal Capo dello Stato ai presidenti delle Camere e lo stesso Enrico Letta (allora presidente del Consiglio) ne aveva auspicato le dimissioni da vicepresidente del Senato. Eppure anche una parte del Partito democratico ora è pronto a salvarlo.

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