La morte della piccola Giulia, la bambina di soli nove mesi che sarebbe stata sbranata dal pitbull di famiglia Tyson, continua a sollevare dubbi inquietanti. Il padre della bambina, Vincenzo Loffredo, è indagato per omicidio colposo e omessa vigilanza del cane, mentre emergono nuovi elementi che rendono ancora più complessa la ricostruzione della vicenda: telecamere di sorveglianza, incongruenze nei racconti, esami tossicologici, un’ora e mezza di buio, il mistero del microchip mancante e sorprendenti risultati veterinari.
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Secondo quanto dichiarato da Loffredo, la tragedia si sarebbe consumata tra le 22.30 e le 23.45 di sabato scorso, all’interno dell’appartamento della famiglia, situato in un condominio popolare del rione Ice Snei ad Acerra.

Giulia sbranata da un pitbull, parla il medico del pronto soccorso
Il giovane 25enne ha raccontato che si trovava da solo in casa con la figlia mentre la compagna Angela era al lavoro in una pizzeria. Adesso, al Mattino, parla Emanuele Ceo, il medico che ha soccorso la piccola Giulia la notte dell’aggressione.

Secondo il suo rapporto “Era morta già da almeno mezz’ora e aveva il volto massacrato dai morsi del pitbull di famiglia quando nella notte di sabato 15 febbraio è giunta al pronto soccorso”, distante dall’appartamento circa tre minuti a piedi.

Poi conferma che secondo i risultati dell’autopsia “i segni riscontrati sul corpo della bambina sono compatibili con quelli dei morsi di un cane. Del resto penso che da medico sappia riconoscere i morsi di un cane», e aggiunge che la piccola è arrivata già con «la noce del collo rotta”, motivo per cui non è stato possibile salvarla, nonostante gli sforzi fatti.