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Elena Ceste “uccisa dal marito nel letto coniugale. Perché andava raddrizzata…”

  • Italia

Ieri l’arresto di Michele Buoninconti, il marito Elena Ceste e i dettagli spiegati dagli inquirenti sono drammatici, evidenziano che tra i due non c’era serenità. Secondo il Gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, Elena è stata uccisa nel letto coniugale, “sorpresa e assassinata dal marito” dopo essersi occupata “della propria igiene personale” e prima ancora di potersi rivestire. Il giudice ritiene che l’omicidio sia “ragionevolmente avvenuto per asfissia”. E viene spiegato anche il possibile movente che “va ricercato nell’odio maturato nel tempo”. Michele, secondo il giudice, riteneva che Elena “fosse una moglie e una madre inadeguata”, nonché “una donna infedele e inaffidabile dedita a coltivare rapporti virtuali con il computer e, quindi, da raddrizzare”. A supporto della sua decisione, il Gip cita il frammento di una conversazione, intercettata il 17 agosto, fra Buoninconti e i figli, su un’auto di famiglia. “Con mamma – dice l’uomo – c’ero riuscito a farla diventare donna. Solo, vai a capire cosa ha visto! Diciotto anni della mia vita per recuperarla, diciotto anni per raddrizzare mamma!”. Il gip descrive Buoninconti come “un soggetto al quale nulla deve sfuggire, interessato ad avere tutto sotto controllo, a gestire e organizzare la vita del suo nucleo familiare secondo regole non sindacabili”. “In questo contesto – osserva – si inserisce un elemento di rottura dirompente: la scoperta del tradimento della moglie, preceduta da una forte crisi matrimoniale manifestatasi almeno dal mese di ottobre 2013”.

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“Una moglie che come nel lontano passato del loro fidanzamento – conclude il giudice – si affacciava di nuovo a relazioni extraconiugali, a incontri segreti, a scambio di messaggi, telefonate e amicizie in chat, era diventata ingestibileper l’indagato, pericolosa, dannosa. E per questo doveva essere eliminata”.

Subito dopo esser stata uccisa, secondo l’accusa dal marito, Elena Ceste fu “denudata” e gettata nel Rio Mersa. Anche questo scritto nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Michele Buoninconti, sottolineando che l’uccisione l’occultamento del cadavere della donna “sono stati pressoché contestuali”. “Il mancato rinvenimento di brandelli di tessuto, bottoni, fibbie – afferma infatti il giudice alla luce delle perizie effettuate – evidenzia che la persona offesa non poteva indossare alcun tipo di abito nel momento in cui il suo corpo è stato immerso nel rigagnolo”. Inoltre, prosegue, al momento dell’allontanamento “la vittima non portava certamente gli occhiali, che sono stati rinvenuti nella medesima abitazione e che pure le erano indispensabili in quanto presentava un rilevante deficit visivo”.

Secondo gli inquirenti, Michele è vittima delle sue stesse menzogne e dei suoi errori e contraddizioni e persino “dagli elementi che ha creduto di portare a proprio favore”. “La denuncia di scomparsa – annota il Gip – conteneva una prima descrizione, i chiarimenti forniti a proposito delle ragioni della sparizione della moglie ne conteneva altre”. Gli interrogatori, le parole pronunciate “nel corso di incontri occasionali con le forze dell’ordine talvolta da lui stesso sollecitati” e pure le dichiarazioni rilasciate durante le interviste televisive differiscono – è l’opinione del gip – in maniera significativa. Buoninconti disse che la moglie, il giorno e la notte prima di scomparire, era stata colta da una specie di “crisi psicotica” con “mal di testa” e “deliri”, ma il malore, secondo le indagini e le testimonianze, risaliva ai mesi precedenti. C’è poi la questione delle telefonate di Buoninconti al cellulare della moglie: ne risultano cinque fra le 9:01 e le 9:13. Eppure, nel corso degli interrogatori, una volta disse di non aver chiamato perché non c’era ancora ragione di farlo, e una seconda che non gli venne in mente, nel rientrare a casa, perché “io quel telefono ce l’ho da subito in mano, mi fa proprio stupido, chiamare un telefono che tengo in mano!”. Secondo gli accertamenti tecnici, Buoninconti chiamò per tentare di capire dove fosse finito l’apparecchio della moglie.

E, allora, “tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini” indicano “Michele Boninconti come l’autore delle gravissime condotte che gli vengono attribuite”. “Ciò che in particolare connota il caso di specie – prosegue il giudice che ha firmato il provvedimento – è, infatti l’assoluta impossibilità di formulare ipotesi alternative rispetto all’ipotesi accusatoria”, così come non è “logicamente possibile formulare differenti teorie ricostruttive dotate di una seppur minima plausibilità”. Ma non solo: gli indizi nei confronti di Michele Boninconti, dice infatti il Gip “non sono soltanto numerosi, ma anche particolarmente pregnanti”. Dunque, quello che “emerge in maniera dirompente – ribadisce – è che tutti gli indizi sono univocamente indirizzati nel dimostrare come unica soluzione possibile quella posta alla base della richiesta” del pubblico ministero.
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