I fatti di Catania interrogano opinione pubblica ed esperti sulle ragioni di raptus così improvvisi, di quella apparente normalità che diventa istinto omicida, anche a danno dei propri congiunti. Li stessi con i quali, ore prima, si cenava, si facevano acquisti. Considerando non definitivi i casi in cui non c’è sentenza passata in giudicato è comunque possibile, sulla base di una panoramica sui casi di cronaca più noti, osservare che quasi in nessun di questi l’omicida ha manifestato precedentemente segni di squilibrio, nel senso di violenza o aggressività, tali da giustificare le azioni successive. Per capire cosa accade in questi casi, Panorama on line ha interpellato Raffaele Bracalenti, medico psicoterapeuta, presidente dell’Istituto psicoanalitico per le ricerche sociali chiedendogli quali possono essere gli atteggiamenti che permettono di decifrare un’aggressività latente che può trasformarsi in furia omicida. Secondo l’esperto la scienza psichiatrica non è quasi mai in grado di prevedere il realizzarsi di gesti omicidi. E questo, aggiunge, è purtroppo un esercizio «in cui falliscono fior di clinici con anni e anni di esperienza». Niente, insomma, non è possibile neanche tentare un elenco di atteggiamenti che tradiscono l’assassino che è in noi.