Caso Yara, le dichiarazioni della moglie di Massimo Bossetti – Marita Comi, moglie di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, ha condiviso la sua testimonianza nella docuserie “Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio”, disponibile su Netflix. La serie, che esplora uno dei casi di cronaca più noti e controversi d’Italia, offre uno sguardo approfondito sulla vita della famiglia Bossetti dopo l’arresto di Massimo.
Il 16 giugno 2014 è una data che Marita Comi non dimenticherà mai. Quel giorno, durante una normale serata familiare, tutto cambiò drasticamente. Marita ricorda chiaramente il momento in cui i media annunciarono l’arresto dell’assassino di Yara. Il sollievo iniziale si trasformò rapidamente in orrore quando i carabinieri irruppero in casa loro, arrestando suo marito Massimo Bossetti. “Mio figlio era seduto sul divano e ha sentito la notizia alla televisione. Io pensai: ‘Meno male, finalmente lo hanno preso!’. Poi mia figlia è entrata urlando che stavano arrivando i carabinieri. Mi ricordo solo di essere scoppiata a piangere in cucina quando mi dissero che mio marito era l’assassino di Yara.”
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Marita Comi, la scoperta dell’omicidio di Yara
Dopo l’arresto, anche Marita dovette affrontare gli interrogatori degli inquirenti. La situazione era surreale: “Venivo da un interrogatorio in cui mi sono avvalsa della facoltà di non rispondere. Mi hanno mostrato il furgone che passava tredici volte davanti alla palestra e gli orari, lasciandomi scioccata”. Nonostante tutto, Marita cercò di mantenere la lucidità e pressò il marito nei colloqui in carcere per ottenere la verità, rivelando di essere stata definita “peggio della pm” per la sua determinazione.
Marita ha ricordato anche i primi tempi con Massimo, descrivendo una relazione di coppia felice e complementare: “Ho capito subito che stavamo bene insieme e che potevamo costruire una famiglia. Lui era estroverso e allegro, io più timida e introversa, ma ci compensavamo”. I rapporti con la suocera, Ester Arzuffi, erano normali e privi di tensioni. Marita ha raccontato di aver sempre chiesto alla suocera se avesse avuto una relazione con Giuseppe Guerinoni, l’autista identificato come padre biologico di “Ignoto Uno”. Nonostante le ripetute negazioni, accompagnò serenamente Ester al test del DNA, che risultò negativo.
Marita ha seguito da vicino tutto il processo, cercando di non farsi notare dai media. “Mi nascondevo sotto la macchina per evitare i giornalisti. Con i figli, evitavo di passare davanti alle edicole per non vedere le copertine con notizie private”. La sentenza fu un duro colpo: “Il giorno del verdetto siamo rimasti sconvolti, mi aspettavo un’assoluzione. Massimo era disperato, diceva di voler morire. Abbiamo cercato di confortarlo, ma quei momenti sono stati terribili”.
Marita confessa di essere ancora bloccata a quel tragico giugno 2014, un momento in cui la loro vita si è fermata per sempre. La docuserie su Netflix offre una prospettiva intima e personale sulla vicenda, facendo emergere le emozioni e le difficoltà vissute dalla famiglia Bossetti. Il caso Yara continua a suscitare interesse e dibattito, ma per Marita Comi e i suoi figli, rappresenta una ferita ancora aperta e un dramma senza fine.