Caso Yara, Roberta Bruzzone su Massimo Bossetti – La docuserie “Il caso Yara, Oltre ogni ragionevole dubbio” è in cima alla classifica delle serie più viste su Netflix da una settimana. Ora, anche la rinomata criminologa Roberta Bruzzone ha espresso il suo parere su questo prodotto. Durante una recente diretta, la Bruzzone ha criticato la serie, spiegando i punti che, a suo avviso, non funzionano. Inoltre, ha rivelato perché ritiene che Bossetti non abbia confessato e ha evidenziato quello che considera l’unico aspetto interessante della nuova produzione di Netflix.
“Netflix ha pubblicato una docuserie basata molto poco sul caso di Yara e molto di più su suggestioni ampiamente superate dai tre gradi di giudizio. A qualcuno sono sfuggiti gli atti e le condanne. Non mi spiego questa situazione. Liberi di vedere questa serie, non voglio convincervi a fare questo sforzo, ma bisogna avere in mano informazioni più affidabili, perché alcune cose veicolate dalla serie sono sconfessate dagli atti. Io a vederla tutta non ce l’ho nemmeno fatta perché mi sono innervosita, infastidita e annoiata. Conoscendo la narrazione alternativa non c’è nemmeno nulla di nuovo in questa serie”.
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Caso Yara, parla la criminologa Roberta Bruzzone
“L’aspetto interessante della serie però è proprio l’aspetto narcisistico di lui che si è consolidato di più, adesso indossa una maschera diversa. Adesso è l’eroe delle ingiustizie, il più grande caso di errore giudiziario della storia. Questo in maniera molto fastidiosa. Non fa passi indietro, è spavaldo e arrogante. Nelle sue accuse ci sono passaggi angoscianti del tutto destituiti del ben che minimo fondamento”.
“Voglio anche parlare del famoso passaggi dei kit scaduti per l’estrapolazione del DNA. Facciamo chiarezza! Un kit se è scaduto non dà risultati, non è che dà risultati sbagliati. Lo stesso Bossetti nella serie dice, la famiglia sua dopo il suo arresto si è rivolta ad un laboratorio privato e si è sottoposta ai test e fatalità quali risultati sono emersi? Gli stessi ottenuti in sede giudiziaria”.
“Come mai Bossetti non confessa?”, insiste la criminologa. E fornisce il suo parere: “Perché per confessare dovrebbe dire anche il movente, ossia il desiderio di abusare di una bambina di 13 anni. Questo è il vero ostacolo. Questo gli farebbe perdere una serie di sostenitori che ancora ha. Per fortuna adesso si sono ridotti drasticamente. Dovrebbe fare i conti con questa parte della storia, cosa l’ha portato a scegliere una vittima con queste caratteristiche.
Il movente alla base di quel terribile gesto è chiaramente di matrice parafilica. Lui ha approcciato Yara con quello scopo. Quindi ammettere il gesto significherebbe confrontarsi con questa parte della storia. Lui a mio modo di vedere ha una personalità dai tratti narcisistici che è capace di negare”.