A Roma, lunedì 28 aprile, i cardinali si sono ritrovati per una nuova riunione della congregazione generale, un passaggio decisivo che potrebbe sancire la data di inizio del prossimo conclave. L’assemblea si tiene in un clima di grande attesa, dopo la scomparsa di papa Francesco, avvenuta il 21 aprile scorso all’età di 88 anni. In teoria, il collegio degli elettori avrebbe dovuto contare 135 cardinali aventi diritto di voto, ma a causa delle defezioni per motivi di salute dello spagnolo Antonio Cañizares e dell’arcivescovo emerito di Sarajevo, Vinko Puljić, il numero si è ridotto a 133. Secondo le regole liturgiche, il conclave deve cominciare tra il quindicesimo e il ventesimo giorno dal decesso del pontefice, fissando quindi il periodo tra il 5 e il 10 maggio per l’avvio delle votazioni. Solo i cardinali con meno di 80 anni alla data della morte di Bergoglio possono partecipare come elettori.
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Negli ambienti vaticani si rincorrono ormai da giorni i nomi dei possibili successori, ma uno, in particolare, sembra raccogliere più consensi: quello di Pietro Parolin. L’attuale segretario di Stato, che guiderà i lavori nella Cappella Sistina, si presenta come il grande favorito, almeno sulla carta. Secondo il Fatto quotidiano, partirebbe da una base di circa 40 voti, un dato che lo pone in vantaggio sugli altri candidati. Tuttavia, come ammonisce il vecchio adagio vaticano, “chi entra al conclave da papa, ne esce cardinale”, a indicare che essere il favorito alla vigilia non garantisce affatto l’elezione. Gli esempi passati non mancano: nel 2005, Benedetto XVI ebbe bisogno di diverse votazioni per ottenere i necessari 84 voti, mentre nel 2013 i pronostici iniziali su Angelo Scola furono rapidamente ribaltati a favore di Jorge Mario Bergoglio.

Conclave, Pietro Parolin parte con i favori del pronostico
Il profilo di Parolin sembra comunque rispondere a molte delle esigenze dell’attuale scenario ecclesiastico. A 70 anni, il cardinale veneto è considerato un abile diplomatico e una figura di equilibrio, difficilmente etichettabile come progressista o conservatore. Negli ultimi anni ha lavorato per rafforzare i rapporti della Santa Sede con la Cina ed è profondo conoscitore dell’America Latina e dell’Asia, grazie alla sua lunga esperienza diplomatica, tra cui il servizio come nunzio in Venezuela. Questa capacità di dialogo e mediazione potrebbe risultare decisiva in un collegio cardinalizio che appare molto eterogeneo.

La previsione, condivisa da voci autorevoli come quella del cardinale Reinhard Marx, è che il conclave sarà piuttosto rapido. L’arcivescovo di Monaco e Frisinga, un importante rappresentante dell’episcopato tedesco, ha dichiarato che “non sarà un conclave lungo”, sottolineando l’urgenza di eleggere un papa capace di “mettere al centro la credibilità del Vangelo”. Un profilo che sembrerebbe favorire candidati in continuità con lo stile pastorale di Francesco, senza escludere aperture verso figure provenienti da contesti non europei.

Oltre a Parolin, nella rosa dei possibili futuri pontefici figurano anche altri nomi di peso. Tra gli italiani, spicca Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, noto per il suo impegno nel dialogo e nella pace. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, rappresenterebbe una scelta orientata verso una Chiesa di frontiera. Non mancano candidati internazionali come l’ungherese Péter Erdő, il francese Jean-Marc Aveline, l’olandese Willem J. Eijk, il filippino Luis Tagle e il congolese Fridolin Ambongo Besungu, quest’ultimo possibile primo papa africano. Dall’America arriva anche il nome di Joseph Tobin, 72enne arcivescovo di Newark. In attesa della fumata bianca, il mondo intero guarda alla Cappella Sistina, pronto ad accogliere il volto di chi guiderà la Chiesa cattolica nel prossimo futuro.