La tragedia che ha colpito la funivia del monte Faito, a Castellammare di Stabia, ha scosso profondamente l’Italia e non solo. Quattro le vittime accertate: Janan Suliman, una turista israeliana di 25 anni, Margaret Elaine Winn, 58 anni, in vacanza con il compagno inglese, e Carmine Parlato, 59 anni, l’operatore italiano dell’impianto. Il disastro è avvenuto giovedì, quando la cabina della funivia è precipitata per la rottura del cavo di trazione, aggravata dal mancato funzionamento del freno di emergenza. L’unico sopravvissuto è il compagno di Janan, un cittadino israeliano di circa trent’anni, ora ricoverato in condizioni critiche all’ospedale del Mare di Napoli.
Il giovane, subito soccorso e trasferito in elicottero, lotta tra la vita e la morte. Secondo il bollettino medico diffuso venerdì, è “stabile nella sua gravità”, ma resta intubato e in sedazione profonda, ventilato meccanicamente per proteggere le vie respiratorie. Il suo stato clinico, seppur drammatico, è monitorato costantemente dai medici, che al momento non sciolgono la prognosi.
Tragedia funivia, i sopravvissuti raccontano tutto: “Cosa è successo in quei momenti”

Tragedia funivia Monte Faito, chi sono le vittime
Fra le vittime, la figura di Carmine Parlato ha colpito particolarmente la comunità locale. Residente a Vico Equense, era un uomo molto conosciuto e apprezzato. Sposato, padre di un ragazzo di 22 anni, Carmine aveva scelto di lasciare il lavoro di autista di autobus per diventare macchinista della funivia, un ruolo che sentiva suo e che svolgeva con passione da otto anni. Lavorava per l’Eav, l’ente regionale che gestisce l’impianto, e durante le corse cercava sempre di mettere a proprio agio i passeggeri, specialmente quelli impauriti dall’altezza. “Tenete lo sguardo dritto, guardate la bellezza e non lasciatevi prendere dal vuoto”, era una delle frasi che amava ripetere per rassicurare chi saliva con lui a bordo.

Sulla sua pagina Facebook aveva scelto una frase significativa: “Il tempo e il silenzio sono la terapia giusta per guarire e vivere in pace”. Una citazione che, ora più che mai, suona come un’eco triste e profonda. Il fratello, Antonino Parlato, è l’autista dell’amministratore delegato dell’Eav, Umberto De Gregorio, che ha ricordato Carmine come un uomo legato visceralmente al suo lavoro: “Era attaccato alla funivia come fosse casa sua”.


Le indagini ora si concentrano sulle cause tecniche che hanno portato al cedimento del cavo e all’inefficacia dei sistemi di sicurezza. Gli inquirenti vogliono accertare se ci siano state negligenze nella manutenzione dell’impianto o errori nei protocolli di sicurezza. La funivia del Faito era considerata uno dei simboli turistici della costiera, un collegamento panoramico amato da visitatori e abitanti, ma che ora diventa teatro di una sciagura difficile da accettare.
Mentre la magistratura apre un fascicolo e la comunità piange le vittime, il pensiero va alle famiglie colpite e alla speranza che l’unico sopravvissuto possa superare le ferite. La funivia del monte Faito, simbolo di bellezza e ingegneria, si è trasformata in un tragico monito, ricordando a tutti quanto possa essere fragile la linea tra la vita e la morte.