Fare sesso con la terra? Un’espressione che potrà suonarvi strana e che però è alla base della “Ecosexual Bathhouse”, installazione che farà parte del Sydney LiveWorks Festival al via in questi giorni in Australia. A crearla gli artisti Loren Kronemyer e Ian Sinclair, che hanno descritto la propria opera come una “bizzarria che vuole dissolvere le barriere tra le specie proprio quando ci siamo infilati nel tunnel senza ritorno della crisi ambientale”. Come riporta Vice, l’opera è però in realtà espressione del più esteso movimento ecosessuale, che sta raccogliendo consensi in tutto il mondo. Il termine, ecosexuality, ha in realtà diverse definizioni a seconda delle intenzioni di chi la pratica. Alla base della piramide chi, semplicemente, cerca di usare prodotti ecosostenibili sotto le lenzuola, sex toy compresi. All’altro estremo chi ama avere orgasmi nel fango, masturbarsi sotto le cascate e via dicendo.
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A fra crescere il movimento recentemente è soprattutto l’attività di due donne, Annie Sprinkle ed Elizabeth Stephens, che lo scorso anno hanno guidato una marcia a San Francisco con più di 100 persone per ottenere un riconoscimento, sostenendo che al mondo ci siano almeno 100.000 persone ecosessuali.
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Come detto, ognuno vive il concetto a modo suo. La declinazione più “olistica” di ecosessualità prevede l’aiutare persone a riconnettersi con la natura, e con il proprio corpo. Quasi tutti concordano però nel considerare il sesso come uno strumento importante perché le persone considerino l’ambiente come una priorità.