Le dichiarazioni della modella e conduttrice tv Fernanda Lessa sono forti e fanno riflettere. Il mondo dello spettacolo divora da dentro, non risparmiando nessuna parte di se stessi. Le parole di Fernanda colpiscono lì dove non è possibile arrivare con i riflettori, anche se il successo può tutto, anche prendere l’anima. La quarta e ultima puntata di Seconda Vita vede intervistati Fernanda Lessa e Hicham Ben’Mbarek.
Fernanda confessa senza dimenticare il suo amore per Bobo Vieri e tutto quel che la relazione ha comportato per lei: “Nella mia vita ho provato di tutto per anni, ho speso anche mille euro al giorno per farmi di cocaina. Quand’ero all’apice del successo tutti pippavano. Ho provato l’ecstasy e ho amato una donna famosa, che ho lasciato quando ho scoperto che era minorenne. Gli eccessi e i soldi mi hanno portato dritta a Hollywood, ma ho rifiutato le avances di George Clooney e Matt Dillon. In Italia ho amato Bobo Vieri, ma lui mi ha lasciato per colpa di un paparazzo. Quando ho trovato il primo vero amore sono rimasta incinta, ma mio figlio non ha visto la luce”.
E continua, lasciando a bocca aperta: “Sono impazzita e ho gettato la mia vita nell’ alcol, bevevo fino a tre litri al giorno di vino. Oggi sono in cura. Rialzarsi dal mio passato non è stato facile, ma ci sto provando. Tra disintossicazioni e l’amore per la mia famiglia”. Salite e discese, ma anche tanto coraggio: spiegare come la vita privata non sempre viene ripagata dal denaro e dalla notorietà e quella che tutti definiscono come vita facile, in verità, nasconde molti più scheletri nell’armadio di quanto si possa immaginare.
E poi lui, il fondatore del marchio Benheart, che spiega come in principio i suoi sogni fossero davvero differenti: “Sono arrivato in Italia grazie al coraggio di mia madre Sadia. Ero piccolo, ricordo il barcone e l’ingresso da clandestino. Oggi non si può morire in mare senza avere un nome. Sognavo di fare il calciatore, ma nel 2011 un infarto ha fermato la mia corsa sul campo. Per sette mesi ho aspettato un cuore per un trapianto, in quei mesi ho costruito il mio futuro e ho creato e disegnato Benheart, ‘Ben’ che in marocchino vuol dire ‘figlio’ e ‘heart’ che vuol dire ‘cuore”, quella che sarebbe diventata la mia linea di moda, la mia opportunità”.
La commozione continua: “Mi hanno rispedito a casa dicendo che non c’era niente da fare: il mio cuore aveva il 7% di funzionalità. Mi hanno detto “vai a salutare i tuoi figli”, ma poi si è verificato il miracolo ed è arrivato un cuore nuovo e da quel momento sono tornato in vita. Lo dovevo a mia madre e ai miei figli. Da quel momento ho dato il via alla mia azienda. All’inizio ero solo con il mio martello e cinture di pelle da bucare. Oggi posso contare su oltre 240 collaboratori e 16 punti vendita sparsi in tutto il mondo. Ringrazio l’Italia, ringrazio mia madre: se non mi avesse portato via dal Marocco su quel viaggio della speranza dove potevamo morire in mare, se non avessi avuto un cuore nuovo, oggi non sarei qui. Al razzismo rispondo con un sorriso, perchè io ero morto”.