Il sogno di una tranquilla vecchia sarà sempre più una chimera. Soprattutto per i giovani d’oggi che entrano tardi nel mondo del lavoro. Secondo un articolo pubblicato dal Corriere della Sera per chi ha cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, il calcolo della pensione sarà effettuato in base ai contributi versati in tutta la vita la lavorativa. Tradotto, avvicinarsi alle cifre incassate in passato sarà utopico. “Un lavoratore dipendente – scrive il giornalista Enrico Marro – che andrà in pensione nel 2050 potrà prendere anche una pensione netta pari all’83,1% dell’ultima retribuzione netta”. E i requisiti per andare in pensione sono ancora più stringenti data la difficoltà nel trovare un’occupazione e mantenerla. Secondo le stime riportate dal quotidiano ci vogliono quarant’anni di lavoro e l’aver raggiunto il 70esimo anno d’età. Ovvero, l’età stimata con la quale si dovrebbe poter accedere nel 2050 alla pensione di vecchiaia. Questo perché se oggi si può ottenere lo stesso trattamento con 66,3 anni, questo requisito sarà adeguato periodicamente all’attesa di vita. In base alle stime della Ragioneria, un giovane italiano potrebbe quindi lasciare il lavoro a 67 anni avendone alle spalle 37 di contributi. E riuscendo a incassare una pensione che raggiunge la quota del 71,5% dell’ultimo stipendio netto. Il tutto andrà poi parametrato alle prospettive di crescita del Pil. Insomma alcuni di questi calcoli rischiano di essere fin troppo ottimistici se si osserva il trend dell’economia italiana degli ultimi anni.
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