Il Grande fratello fiscale ora diventa realtà. È la grande rivoluzione del 730 precompilato, che dovrebbe annientare la burocrazia e consentire ai contribuenti di pagare le tasse sorseggiando comodamente una tazza di tè sulla propria poltrona. Ma che in realtà – secondo quanto denuncia il quotidiano Libero – farà finire online sul sito dell’Agenzia delle Entrate dal prossimo 15 aprile, il vostro stipendio, le vostre case, le vostre polizze e gran parte della vostra vita tradotta in spese detraibili o deducibili. D’ora in poi tutti i nostri dati sensibili (conti correnti, stipendio, assicurazioni sulla vita, immobili, barche, vetture e, dal 2016, anche medicine e malattie) saranno accessibili non solo ai funzionari del fisco, ma anche a un esercito sterminato di ragionieri, commercialisti e sindacalisti (che controllano la maggior parte dei Caf) ai quali basterà il nostro codice fiscale per sapere tutto di noi.
Col 730 precompilato, si complica la vita almeno per una buona parte di quei 20 milioni di dipendenti e pensionati interessati dall’innovazione, per i quali sarà necessario rivolgersi a un intermediario abilitato. Una volta entrati in possesso del pin per accedere al servizio telematico dell’Agenzia delle entrate, il contribuente avrà vita facile solo se consegnerà la dichiarazione dei redditi senza cambiare una virgola (mettendosi così al riparo dai controlli del fisco). Un’ipotesi, almeno per quest’anno, molto remota, considerato che le spese sanitarie da detrarre saranno integrate nel precompilato solo dal 2016. In caso contrario (si stima una quota del 70%), il modello 730 dovrà essere verificato, corretto e modificato, un po’ come succedeva con la vecchia dichiarazione da stilare sulla base del Cud.
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Ed ecco allora entrare in gioco il professionista. Sarà lui, dietro compenso da parte del contribuente (20-40 euro) e dello Stato (13,40 euro che saliranno a 15,40 nel 2016 e 16,90 nel 2017) a svolgere le operazioni necessarie al nostro posto. Il problema è che a differenza degli scorsi anni, quando eravamo noi a dover portare Cud e documenti al fiscalista, questa volta Caf e commercialisti le informazioni le trovano già in rete. Sono tutte lì da metà aprile e per consultarle basta il nostro codice fiscale. Un codice che può essere tranquillamente prodotto conoscendo nome, cognome e data di nascita dell’interessato. Certo, il professionista dovrà avere in mano una nostra delega firmata. Ma la garanzia resta debole. Basti pensare, ad esempio, che l’autorizzazione ad accedere ai nostri dati, in mancanza di una revoca formale, dura quattro anni. Oppure che la legge prevede la possibilità di poter consultare il proprio 730 presso più Caf e intermediari.
Sulla questione ha già acceso un faro il Garante della privacy, che in passato fu puntiglioso sul nuovo redditometro e che ora potrebbe chiedere ulteriori difese per la riservatezza del contribuente. Tra le soluzioni sul tavolo quella di vincolare l’accesso dei professionisti al possesso di codici più elaborati (come la tessera sanitaria) e non facilmente replicabili senza la collaborazione del titolare. Un’ipotesi che avrebbe già riscontrato il dissenso dei Caf.
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