Limitare i casi di ricorsi ai contratti a termine attraverso l’introduzione di misure che diano al datore di lavoro l’onere di dimostrare le cause che hanno condotto alla volontà di utilizzare questo strumento al posto di una diversa tipologia contrattuale. E’ questa la finalità delle misure di contrasto al precariato, previste dal decreto dignità. Misure, si legge nella bozza del provvedimento visionata dall’Adnkronos, volte a “limitare con maggiore efficacia l’utilizzo indiscriminato dei contratti a termine, oggi sempre più ricorrenti e spesso non corrispondenti ad una reale necessità da parte del datore di lavoro”. L’articolo 1 del decreto prevede che, fatta salva la possibilità di libera stipulazione tra le parti del primo contratto a tempo determinato, di durata comunque non superiore a 12 mesi di lavoro in assenza di specifiche necessità, l’eventuale rinnovo dello stesso sarà possibile esclusivamente a fronte di esigenze: temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, nonché sostitutive; connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; relative a lavorazioni e a picchi di attività stagionali, individuati con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali. In presenza di una di queste condizioni già a partire dal primo contratto sarà possibile apporre un termine comunque non superiore a 36 mesi. (continua dopo la foto)
Il vincolo si applica a qualunque delocalizzazione, precisa la bozza, effettuata tanto in Paesi extra Ue quanto in altri Stati dell’Unione europea e trova applicazione nei confronti di imprese beneficiarie di tutti gli aiuti di Stato agli investimenti, indipendentemente dalla relativa forma (contributo, finanziamento agevolato, garanzia, aiuti fiscali, ecc.).
Caffeina news by AdnKronos