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Decreto dignità, cosa prevede per i lavoratori con contratto a termine

 

Limitare i casi di ricorsi ai contratti a termine attraverso l’introduzione di misure che diano al datore di lavoro l’onere di dimostrare le cause che hanno condotto alla volontà di utilizzare questo strumento al posto di una diversa tipologia contrattuale. E’ questa la finalità delle misure di contrasto al precariato, previste dal decreto dignità. Misure, si legge nella bozza del provvedimento visionata dall’Adnkronos, volte a “limitare con maggiore efficacia l’utilizzo indiscriminato dei contratti a termine, oggi sempre più ricorrenti e spesso non corrispondenti ad una reale necessità da parte del datore di lavoro”. L’articolo 1 del decreto prevede che, fatta salva la possibilità di libera stipulazione tra le parti del primo contratto a tempo determinato, di durata comunque non superiore a 12 mesi di lavoro in assenza di specifiche necessità, l’eventuale rinnovo dello stesso sarà possibile esclusivamente a fronte di esigenze: temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, nonché sostitutive; connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria; relative a lavorazioni e a picchi di attività stagionali, individuati con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali. In presenza di una di queste condizioni già a partire dal primo contratto sarà possibile apporre un termine comunque non superiore a 36 mesi. (continua dopo la foto)


VIA SPLIT PAYMENT – Viene abolito lo split payment per le prestazioni di servizi rese alle Pa i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta o a titolo di acconto ai sensi dell’articolo 25 del dpr 600/1973. A prevederlo è l’articolo 11 della bozza del dl dignità tra le misure in materia di semplificazione fiscale. (continua dopo la foto)
STRETTA SU DELOCALIZZAZIONI – Contro la delocalizzazione attuata da imprese che abbiano ottenuto dallo Stato aiuti per impiantare, ampliare e sostenere le proprie attività economiche, il decreto dignità prevede che “l’impresa beneficiaria” dell’aiuto pubblico “decade dal beneficio concesso ed è sottoposta, inoltre, a sanzioni pecuniarie di importo da due a quattro volte quello del beneficio fruito”. “L’arco temporale di mantenimento obbligatorio delle attività economiche che hanno beneficiato del sostegno pubblico è pari a cinque anni” si legge nella bozza. Il beneficio, inoltre, andrà restituito con gli interessi maggiorati fino a 5 punti percentuali. (continua dopo la foto)
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Il vincolo si applica a qualunque delocalizzazione, precisa la bozza, effettuata tanto in Paesi extra Ue quanto in altri Stati dell’Unione europea e trova applicazione nei confronti di imprese beneficiarie di tutti gli aiuti di Stato agli investimenti, indipendentemente dalla relativa forma (contributo, finanziamento agevolato, garanzia, aiuti fiscali, ecc.).

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