Via libera ai buoni pasto cumulabili ed utilizzabili anche negli agriturismi. A partire da domani, 9 settembre, entra in vigore il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico – pubblicato lo scorso 10 agosto in Gazzetta Ufficiale – che rivoluziona la materia dei ticket restaurant forniti dai datori di lavoro ai propri dipendenti in sostituzione del servizio di mensa. La nuova normativa prevede il superamento del divieto (finora sostanzialmente inapplicato) di cumulabilità dei buoni pasto: mentre prima se ne poteva utilizzare uno solo al giorno, d’ora in poi ogni lavoratore potrà usare fino a otto buoni alla volta. Resta valido invece il divieto di cederli ad un’altra persona e di utilizzarli nelle giornate in cui non si è in ufficio. I buoni pasto infatti, si legge nell’articolo 4 del decreto, “non sono cedibili” né “commercializzabili o convertibili in denaro” e sono “utilizzabili solo dal titolare”. E ancora, “sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale”, ovvero il valore dell’importo specificato sul buono, escludendo così la possibilità di resto. (Continua dopo la foto)
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“Le società di emissione – aggiunge il provvedimento – sono tenute ad adottare idonee misure antifalsificazione e di tracciabilità del buono pasto”. La riforma, inoltre, estende l’ambito di utilizzo anche ad esercizi finora esclusi. Oltre a supermercati, bar e pizzerie, da domani i buoni pasto potranno essere usati – sempre per la somministrazione di alimenti e bevande – anche in agriturismi, mercati e attività di ittiturismo. Nati come servizio sostitutivo delle mense aziendali per i lavoratori assumeranno così sempre più la forma di buoni spesa, tramutandosi in una moneta parallela defiscalizzata e decontribuita fino alla soglia di sette euro per i ticket elettronici, come dispose la legge di Stabilità 2016. (Continua dopo le foto)
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Si tratta di una decisione che ha avuto una gestazione piuttosto lunga. Due anni di rimpalli, di pareri contraddittori da parte delle associazioni di categoria e delle imprese di largo consumo. Che finisce per disattendere quanto Camera e Senato ad aprile scorso hanno espresso chiaramente nel decreto correttivo al codice degli appalti. I due rami del Parlamento hanno votato a favore di un innalzamento del valore monetario del buono pasto a 21 euro, come avviene in Francia, sconsigliando la cumulabilità dei ticket. Così non è stato.